Peruzzi, il ricordo di Mihajlovic
Quando si apre il capitolo legato all’ex compagno di squadra Mihajlovic, Peruzzi non riesce a trattenere l’emozione, e racconta una storia molto divertente: "Faccio fatica. Sinisa non aveva paura di niente, salvi i serpenti. Una volta, per fargli uno scherzo, presi una vipera morta e la misi nel suo beauty, lui fece per prendere lo shampoo e la estrasse, sbiancando. Erano le 17.15, ho fatto la doccia alle 21.30: dovetti scappare e chiudermi nello spogliatoio per sfuggirgli". Poi aggiunge: "Ho sfidato i più forti del mondo, da Maradona a Ronaldo, da Van Basten a Gullit. Quelli che temevo di più erano Marco Simone del Milan ed Enrico Chiesa. Loro tiravano da ogni posizione, mi mettevano in crisi. Mi facevano sempre gol ed io li soffrivo mentalmente".
Peruzzi: "Zoff il portiere più forte"
Sulla sua passione da tifoso l'ex portiere non si sbilancia: "Mi avranno chiesto un milione di volte quale sia la mia fede calcistica. Mi sono legato tanto alle mie squadre, ma non ne tifo una in particolare. Io non ho mai fatto il ruffiano coi tifosi. Mi emozionai quando da giocatore della Lazio andai a Torino e ricevetti gli applausi dei miei vecchi tifosi della Juventus: vuol dire che mi avevano apprezzato e non mi avevano dimenticato. Quando dalla Juve passai all’Inter, invece, ho sofferto tantissimo. I miei nuovi tifosi mi bersagliavano con fischi e insulti. Chiamai mia moglie pensando di smettere". Mentre sul suo comportamento tra i pali e sugli illustri colleghi non ha dubbi: "Adoravo affrontare nell’uno contro uno l’avversario. Per me era una forma di droga, mi esaltava: sfidare il rivale in campo aperto è avvincente. Ero bravo nelle uscite basse, scarso su quelle alte. Potrei citare da Buffon a Banks, da Casillas e Kahn, ma per me il più forte è Dino Zoff. Non era plateale, rendeva la parata difficile semplice, ed è sempre stata la mia fonte d’ispirazione. Non mi sono mai piaciuti i portieri spettacolari. Quando ho visto il gol di Provedel all’Atletico Madrid, ho pensato che io non avrei mai potuto farlo. Non mi è mai balenato nel cervello di salire in area rivale, perché l’idea di dover poi fare 80 metri di corsa all’indietro per tornare a difendere la porta mi avrebbe stancato al solo pensiero".
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