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Inter e Atalanta da applausi, la Juve stringe i denti. Il Milan ancora cerca la continuità

Peccato che il mercoledì di Champions non ha trovato la continuità rispetto al giorno precedente. Certo era difficile poter fare en plein. Le partite finite stasera erano più difficili, soprattutto per quello che c’era intorno. E infatti è successo, praticamente, l’esatto contrario. Tre vittorie il martedì, un pari e una sconfitta (casalinga) il mercoledi. La Juventus si presentava al cospetto dell’Aston Villa piena zeppa di infortuni. La formazione di T Motta era praticamente obbligata. E la risposta che l’allenatore bianconero ha trovato dai suoi ragazzi è certamente positiva, per l’abngazione e per l’impegno che hanno messo im campo in un momento obiettivamente complicato. Il pari è da accettare con soddisfazione, la Juve continua ad essere solida, a subire pochissimo. E anche se il gol annullato all’ultimo minuto ha fatto spaventare i tifosi bianconeri, la serata può essere comunque archiviata come positiva. La Juventus forse è la squadra che guarda con maggiore attenzione al mercato di gennaio: in difesa, dove gli infortuni di lungo corso non permettono cambi, di fatto, all’allenatore juventino. E in attacco dove lo stop di Vlahovic ha evidenziato che l’assenza di Milik si fa sentire eccome. Ora i tempi di recupero per il polacco ancora non sono certi, ma la Juve in questo periodo si gioca certamente un bel pezzo del proprio futuro. Se dovesse capitare l’opportunità state certi che Giuntoli non se la lascerà sfuggire. E’ vero che la Juve è al primo anno del suo nuovo corso, ma nulla vieta di mettere nelle migliori condizioni T Motta di lavorare. E se per i difensori non sembra proprio ci siano dubbi (visto che più che una necessità è un urgenza) per l’attacco bisognerà trovare l’occasione giusta, per non ritrovarsi durante la seconda parte della stagione, come in questo spezzone di fine novembre.

E’ ancora inchiodato a zero il Bologna. La soddisfazione di aver segnato il primo gol in Champions League è durata troppo poco. Non potevamo certo chiedere al Bologna di essere la sorpresa della stagione: tornava in Europa dopo tanto tempo, era in Champions per la prima volta. Se ne sono andati alcuni dei protagonisti (forse i principali) della straordinaria cavalcata della passata stagione ed è arrivato un nuovo allenatore. Tutto vero. Ma un graffio, anche se non dovesse servire a nulla o soltanto per sperare di poter agganciare la zona dei playoff, ce lo aspettiamo. Stasera il Bologna ha fatto una buona partita. Ma i gol presi stanno a sottolineare che nella competizione dei dettagli non puoi permetterti errori, soprattutto pasticci come quello del primo gol subito.

A Bologna sanno già che la Champions deve essere vissuta come un’avventura. Ma il Bologna e Bologna si meritano di festeggiare almeno una volta. L’Inter e l’Atalanta hanno invece dimostrato di essere in forma smagliante. Il lavoro di questi anni dei rispettivi allenatori con un gruppo che cambia (negli uomini) ma rimane intatto (per la mentalità) è straordinario. Sono fra le società che hanno lavorato meglio, con programmazione e intelligenza. Sfruttando il mercato, non avendo paura a cedere (soprattutto quando era necessario), avendo avuto la capacità di investire e di pianificare la campagna acquisti. L’Atalanta ha cambiato le proprie alternative, quelli che lo scorso anno avevano fatto meno minuti. E lo ha fatto con dei giocatori di livello più alto. L’Inter - che questo processo lo aveva iniziato prima e che partiva da una base teoricamente più alta - continua a mettere pezzi di qualità in un meccanismo che sembra oliato alla perfezione. Oggi vedere giocare Inter e Atalanta è un piacere. Due filosifie diverse, due modi diversi di cercare di dominare la partita. La capacità di aggressione e di andare in gol è quasi data per scontata. Ma non dovrebbe essere così. Non bisogna peraltro fermarsi soltanto al punteggio: l’Atalanta ha dilagato anche in Europa, l’Inter no per errori in fase di finalizzazione e nella trequarti. Ma entrambe hanno avuto sempre il pallino del gioco in mano. Più edonista e riflessiva la squadra di Milano, più strafottente e aggressiva quella di Bergamo. Ma il risultato è lo stesso: una grande identità, costruita negli anni, che sta dando i propri frutti. Quella che sta inseguendo il Milan. Ma attenzione: per arrivare a determinati livelli non è necessario solo il lavoro dell’allenatore. Serve un gruppo squadra che sia disposto a seguire il proprio mister e a sacrificarsi e una società pronta a supportare (anche con un mercato funzionale) il cammino che si intende percorrere insieme.

Per questo non si può mai dare sempre tutta la responsabilità all’allenatore. E se è vero che in questa stagione dove tante squadre hanno cercato di ricostruirsi il Milan è una di quelle che sta fornendo un cammino più altalenante, è altrettanto vero che lo stesso Ibrahimovic, prima della partita di martedì, ha detto che non ci sarà bisogno di intervenire sul mercato: non è necessariamente un discorso di uomini. Magari di rendimento, di applicazione.

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