Se sei una squadra forte, al 93esimo la partita la porti a casa, poco importa che non sarebbe stata una vittoria meritata. Perché è così che vincono le squadre forti, robuste e solide. La Juventus non lo è. Perché al minuto 93 si è fatta raggiungere dal Lecce. E a perdere il pallone più importante è stato persino il più bravo degli juventini, quel Cambiaso che aveva provocato l’autogol che stava per garantire una delle vittorie più allegriane degli ultimi anni. Cambiaso è stato il migliore dei suoi insieme con Perin (sicuri che Di Gregorio sia più solido?).
È finita 1-1 e il Lecce non ha rubato nulla. In pochissimo tempo Giampaolo ha messo una squadra viva e reattiva, sempre propositiva ma non lunare. Il Lecce non ha perso lo spirito della provinciale però davanti ha calciatori che a pallone sanno giocare e Giampaolo prova a sfruttarli. Segno di intelligenza. Forse qualche anno fa, non avrebbe ragionato così.
Non ce ne vogliano i leccesi ma la notizia è la Juventus. Che resta una squadra a metà del guado. Non è né carne né pesce. Fatica a esibire quel calcio sbandierato in maniera troppo ottimistica dagli aedi del nuovo corso calcistico bianconero. Che al momento non si vede. Ieri sera Thiago Motta ci ha messo del suo con sostituzioni al di là del comprensibile. Doveva difendere il vantaggio e ha tolto i calciatori più abili nel possesso palla come Yildiz e Conceiçao. Fa parte della sua visione del football, visione che - va detto - non è chiarissima. Tranne a chi ha cieca fiducia in lui.
A suo discapito vanno elencati un po’ di alibi. Su tutti gli infortunati, alcuni traumatici ma altri misteriosi: Milik, Bremer, Douglas Luiz, Vlahovic, Cabal, Nico Gonzalez, Savona, Adzic, McKennie. Nove. E poi c’è la campagna acquisti il cui giudizio oscilla tra l’insufficiente e il mediocre. Evitiamo - per ora - iperboli come fallimentare. Nelle sue apparizioni tv, Giuntoli continua a esibire un sorriso Durbans ma francamente non se ne capisce il motivo. È sufficiente pensare ai 110 milioni investiti per Douglas Luiz e Koopmeiners, e paragonarli ai trenta spesi dal Napoli per McTominay per smettere di sorridere. Non ci sembra il caso di aggiungere altro. In più, come detto, c’è la catastrofe sanitaria. Il centro J medical è diventato una sorta di triangolo delle Bermude: i calciatori che vi approdano, ne vengono risucchiati e non tornano più in campo. Di Nico Gonzalez si sono perse le tracce, Vlahovic e McKennie sono afflitti da affaticamenti che durano settimane, Douglas Luiz è ormai un caso non solo clinico.
È vero che Thiago gioca con una rosa azzoppata e mediaticamente sopravvalutata. Ma è altrettanto vero che il nuovo tecnico è stato disegnato come Jessica Rabbit e al momento, invece, somiglia più alla simpaticissima Olivia compagna di Braccio di Ferro. Il suo arrivo è stato accompagnato da slogan del tipo “finalmente la Juventus tornerà a giocare a pallone”. Un bombardamento mediatico che ha finito col rivelarsi un boomerang. Il calcio propagandato si è visto solo una sera, a Lipsia. E qualcosina nel 4-4 contro l’Inter. Decisamente poco.
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