Intervista all’editorialista del Corsera e saggista. «Le squadre hanno un Dna che va rispettato. I nostri telecronisti rendono emozionanti partite orrende. Io racconto storie, sul giornale come in tv. Non divulgo»
![Cazzullo: «Conte è un monaco guerriero. La mia Juve mi ha un po’ deluso, forse non era la squadra per Motta»](https://www.ilnapolista.it/wp-content/uploads/2021/09/Cazzullo_SZ-119.jpg)
Roma 24/01/2019 - trasmissione Tv 'Povera Patria' / foto Samantha Zucchi/Insidefoto/Image nella foto: Aldo Cazzullo
Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere della Sera, conduttore di un programma di successo su La 7, “Una giornata particolare”: l’ultima puntata ieri sul referendum del ’46 ha totalizzato il 7,1% di share (1.183.000 telespettatori). Autore di saggi che primeggiano nelle classifiche, l’ultimo – “Il dio dei nostri padri, il grande romanzo della Bibbia” – è il saggio più venduto del 2024. Ma Cazzullo è anche un grande appassionato di sport e di calcio. Ecco perché questa chiacchierata con il Napolista parte dal gioco più amato dagli italiani e dalla sua squadra del cuore, la Juventus, che non sta certo brillando.
**La rivoluzione dell’estate al momento non ha portato i suoi frutti. Sei comunque soddisfatto?**
_«Le squadre hanno un loro dna, un loro codice genetico. Questo non lo dico io ma lo ha sostenuto il più fascinoso uomo di sport che ho avuto il privilegio di intervistare: Nils Liedholm. Lui mi diceva che le squadre hanno una loro memoria ancestrale, un loro pensiero sportivo»._
**Qualche esempio?**
_«L’Inter è sempre stata difesa e contropiede, possiamo dire senza che si offenda nessuno che è stata una squadra catenacciara, una squadra italiana in purezza. Il Milan è invece da sempre più giochista, come si usa dire oggi: lo era il Milan di Sacchi e come lo era anche il Milan di Rocco che aveva fama di catenacciaro ma, come fece notare Liedholm, giocava con Prati, Sormani e Rivera, era una squadra che imponeva il proprio gioco. Come del resto lo furono la Roma di Liedholm, di Spalletti, di Eriksson. Ricordo negli anni ’80 una Roma al Comunale contro la Juventus che tenne la palla per 90 minuti, salvo poi perdere la partita perché c’era Platini»._
**Cosa è stato per te Le Roi?**
_«Platini è stato il giocatore più forte che ho visto giocare assieme a Maradona e a Messi. Lo so che a Napoli si risentiranno, ma a mio avviso Platini non era inferiore al Pibe de oro e segnava anche di più»._
**E Cristiano Ronaldo?**
_«CR7 è fortissimo e lo è stato anche nella Juve ma a differenza del francese giocava solo per se stesso»._
**Torniamo al punto di partenza: Thiago Motta è un allenatore da Juventus o come sospettano i critici è il nuovo Gigi Maifredi?**
_«Peggio di Maifredi non potrà fare. Io su Motta la penso così: se dopo una stagione come quella dello scorso anno a Bologna fosse andato in una squadra come il Manchester United, avrebbe sparigliato. Invece a Torino c’è sempre l’ossessione della vittoria: il principio bonipertiano del “vincere è l’unica cosa che conta”»._
**Quale giudizio dai fin qui?**
_«All’inizio la guardavo con un po’ simpatia perché mi ricordava la Juve del ’72, alla fine di un decennio molto difficile in cui Milan e Inter dominarono. All’epoca la Juve si ricostruì puntando sui giovani. Erano giovanissimi Roberto Bettega, Fabio Capello e Franco Causio, cui poi si aggiunsero giocatori di esperienza come Helmut Haller. Quella Juve era già l’ossatura dell’Italia del mondiale del ’78 che fu la nazionale che espresse il gioco migliore di sempre»._
**Motta bocciato, dunque?**
_«È indubbio che ci sia qualcosa che non va. È stato un errore regalare Moise Kean alla Fiorentina. È possibile che non sappiamo valutare gli uomini? C’è un po’ di delusione non solo perché siamo un po’ indietro in classifica ma anche perché ci si aspettava qualcosa che non è poi arrivato. Ho visto la partita con il Napoli orrenda, quella con il Milan è stata altrettanta orrenda. Motta sarà valutato dai risultati del resto dell’anno»._
**Sei un nostalgico di Allegri?**
_«I ritorni non funzionano quasi mai. Come le coppie che ritornano insieme. E va detto che ha sbagliato negli ultimi minuti della finale di Coppa Italia contro Atalanta. Però è anche vero che quella partita è stato un capolavoro. Avremmo potuto vincerla anche due zero. Se la Juve avesse affrontato l’Atalanta in maniera sfrontata ne avrebbe preso tre come li ha presi il Leverkusen nella finale di Europa League»._
**Allegri ha pagato anche lo scontro con alcuni opinionisti come Lele Adani?**
_«Non mi toccate Adani. Mi piace Adani, mi piace Fabio Caressa, mi piace Pierluigi Pardo. Mi piace chi trasforma la partita in un racconto. Il ritratto che Adani fa di Messi è perfetto. Ho visto Milan Juve: Pardo è stato talmente bravo che ha trasformato una partita orrenda in un racconto»._
**Antonio Conte, capitano della Juventus e allenatore pluri-scudettato, oggi è alla guida del Napoli. Nostalgia di non vederlo sulla panchina della Vecchia Signora?**
«Conte è un grandissimo allenatore. Gianluigi Buffon che ho intervistato qualche settimana fa sul Corriere della Sera mi ha detto: o arriva primo o secondo. Ha qualcosa in più degli altri, è un monaco guerriero del calcio. Se ci pensate, di lui non conosciamo nulla, a parte l’operazione del trapianto ai capelli. Allegri ha la vita sentimentale di un divo di Hollywood, Capello è un collezionista di opere d’arte, Lippi è un amante del mare. Conte è un totus calcio, lui vive di pallone, è un maniaco del calcio».
**Chi vince il campionato?**
_«Marotta è il più bravo e l’Inter è la squadra più forte. Occhio però all’Atalanta che mi ricorda la Samp degli anni ’90. Direi che ci sono delle assonanze tra Gasperini e Boskov»._
**Voltiamo pagina, il tuo libro sulla Bibbia è il saggio più venduto dell’anno e potrebbe alla fine essere il libro più venduto del 2024. Perché un saggio sulla Bibbia?**
_«In tutti i miei libri ho cercato di ricostruire l’identità italiana. Ho scritto libri sul Risorgimento quando non era di moda e non lo è anche adesso. Ho scritto un libro, “Mussolini il capobanda”, nei giorni in cui Giorgia Meloni diventava padrona d’Italia, e anche in questo non penso di essere stato mainstream. Ho scritto un libro sulla Resistenza, sulla Prima Guerra Mondiale, sulla Ricostruzione, poi sono andato un po’ più indietro nella ricerca delle nostre radici, Dante, che è il padre della lingua italiana e dell’idea stessa d’Italia. E poi l’impero Romano, la res pubblica, la cosa pubblica: nasce nella Capitale l’idea che lo Stato sia di tutti. E poi sono risalito indietro fino alla Bibbia che è l’origine di tutto, la Bibbia siamo noi, la nostra civiltà, la nostra cultura»._
**Altro grande successo, ieri l’ultima puntata di “Una giornata particolare” su La7 dedicata al referendum del ’46. È possibile fare una televisione diversa?**
_«Abbiamo fatto una media del 7 per cento, un milione e duecentomila telespettatori, direi che è stato un miracolo. Il segno che noi italiani siamo più legati all’Italia di quello che pensiamo di essere. Ci piace parlarne male ma poi se lo fanno gli italiani ci offendiamo. L’Italia è come la mamma, la possiamo criticare solo noi. La storia dell’Italia ci infervora, ci commuove, ci entusiasma, soprattutto quando coincide con la storia delle nostre famiglie. Siamo sempre lì al “de te fabula narratur”. Per me una sfida del tutto nuova, perché non avrei mai fatto una trasmissione televisiva e non avrei fatto un talk show. Invece mi piace raccontare, non mi piace la parola divulgatore, questa radice “vulgo” che dà l’idea del dotto che insegna al popolo. Non sono dotto, non insegno. Io racconto una storia, faccio lo stesso con gli articoli. Adottando una vecchia idea del giornalismo: nessuna idea senza una storia, nessuna storia senza una idea. Se raccontassi solo concetti astratti annoierei, se raccontassi solo aneddoti, dettagli, alla lunga starei solo nel gossip storico. Dietro alle storie c’è sempre un’idea»._
**Prossimi progetti televisivi?**
_«Nel caso della Bibbia faremo quattro puntate speciali. Nella Bibbia l’idea forte è che le radici della nostra cultura giudaico cristiana sono lì, ed è facile immedesimarsi nella bibbia perché tutti noi siamo stati Caino quando abbiamo invidiato qualcuno, e tutti noi siamo stati Davide quando abbiamo affrontato una sfida impossibile come abbattere un gigante»._
[Giuseppe Alberto Falci](https://www.ilnapolista.it/author/giuseppe-alberto-falci/) ilnapolista © riproduzione riservata