Vocalelli: è discutibile, senza che Conte si senta offeso, il modo con cui la squadra ha interpretato la partita. Undici riserve, giocatori fuori ruolo
Conte, è giusto mollare così la Coppa Italia? All’Olimpico si è capito il vero obiettivo del tecnico – Gazzetta
Cm Torino 01/12/2024 - campionato di calcio serie A / Torino-Napoli / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Antonio Conte
Conte, è giusto mollare così la Coppa Italia? All’Olimpico si è capito il vero obiettivo del tecnico
Sulla Gazzetta il commento di Alessandro Vocalelli sull’eliminazione del Napoli dalla Coppa Italia, ne pubblichiamo uno stralcio:
il Napoli si è visto poco o forse sarebbe il caso di dire addirittura niente. Ed è discutibile, senza che Conte si senta offeso, il modo con cui la squadra ha interpretato l’evento. Undici riserve, alcuni giocatori fuori ruolo, un segnale inconscio che ha portato gli azzurri a subìre la partita, senza mai provare realmente a difendere la coppa. Anche il gol di Simeone è parso un lampo personale in una serata per il resto buia. E viene da chiedersi se sia giusto mollare così l’unica manifestazione a disposizione, oltre al campionato. Senza le coppe europee, davvero il Napoli non poteva immaginarsi una prestazione diversa? Ha invece prevalso, sicuramente in maniera involontaria, la voglia di puntare tutte le fiches sul campionato, programmando sei mesi con un solo impegno a settimana e di fatto una stagione in cui molti – anche calciatori di assoluto livello – finiranno per non trovare più spazio. Conte aveva fatto capire la sua scarsissima “voglia” di Coppa Italia con le scelte iniziali, per poi confermarla anche nel corso dei novanta minuti.
Non resta perciò che concentrarsi sul campionato. O, come direbbe Marotta, non resta che concentrarsi sul campionato con il ruolo di favorito. Perché all’Olimpico si è capito in maniera chiarissima qual è il vero, unico, obiettivo di Conte.
Il Napolista dà 8 in pagella a Conte (Fabrizio d’Esposito)
CONTE. Per certi versi stasera ha compiuto un capolavoro di realismo riformista e darwiniano, come mai nessuno a Napoli. Davanti a sé, il dittatore in panca aveva due opzioni. La prima, banale e rassicurante, era mescolare titolari e diversamente titolari. La seconda, più coraggiosa, era valutare (verbo ripetuto almeno tre volte nel dopo-partita) tutti i giocatori a disposizione per poter continuare a costruire. E lui ha scelto la seconda ché la Coppa Italia è l’unica occasione per testare e valutare, appunto. Così, ancora una volta, ha messo la rosa davanti allo specchio per consentire a tutti di vedere quello che lui vede ogni giorno in allenamento. E guai a dubitare, almeno da queste parti, del contismo, che stasera ha dimostrato di essere una religione, non un’ideologia. Non a caso Aldo Cazzullo, nell’intervista napolista a Giuseppe Alberto Falci, lo ha definito un monaco guerriero. Un templare, aggiungiamo qui, che cerca il suo Santo Graal con una fatica intensa e a volte sovrumana. Il nostro atavico anti-juventismo poggia da sempre su due pilastri: i soldi degli Agnelli e la sudditanza degli arbitri. Tutto giusto e talvolta vero. Ma Conte, che a Torino di scudetti ne ha vinti tre, ci sta spiegando che la cultura della vittoria è un percorso lungo e mai scontato. Per lustri ci siamo raccontati la favola, anzi la palla che uno scudetto a Napoli o a Roma ne vale venti della Juve. Conte ce la sta smontando giorno dopo giorno, persino schierando undici riserve agli ottavi di Coppa Italia. Solo un visionario pragmatico può fare questo – 8
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