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Riccardo Neri, i genitori del portiere della Juventus morto: “Il centro sportivo di Vinovo non…

Sono passati 18 anni dal 15 dicembre 2006, una data che i genitori di Riccardo Neri non dimenticheranno mai. Il loro figlio morì a soli 17 anni al centro sportivo di Vinovo, con addosso la maglia d’allenamento della Juventus: annegò in un laghetto insieme al compagno di squadra Alessio Ferramosca. “Una bomba che ti esplode. Fisicamente resti integro, ma dentro sei dilaniato”, commentano la madre e il padre dell’ex portiere bianconero intervistati dal Corriere della Sera.

Quel tragico giorno, gli Allievi della Juventus finiscono la partitella, sul terreno di gioco rimangono solamente l’allenatore dei portieri, Neri e Ferramosca. Dopo un tiro, il pallone finisce in un laghetto lì vicino. “In quei giorni avevano appena annaffiato e il livello dell’acqua si era abbassato di un paio di metri. Si suppone che uno dei due si sia sporto troppo, scivolando, e che l’altro si sia tuffato nel tentativo di salvarlo“, dichiarano i genitori, Claudia e Franco Neri. Che poi precisano: “Una volta caduti lì, era impossibile uscirne. I sommozzatori fecero mettere a verbale che senza le scale dei pompieri neanche loro sarebbero riusciti a risalire“.

I due raccontano così dei molti errori commessi: “Intorno al lago dovevano esserci degli appigli ogni tot metri, delle scalette di corda, degli pneumatici legati, o dei salvagenti. Invece non c’era niente. Come si fa a pensare che una vasca di 50 metri per 30, profonda 5 metri — cosa che nessuno sapeva — non rappresenti un pericolo in un centro sportivo dove si allenano 200 ragazzi? Pochi mesi prima, a settembre, ci caddero in due, ma l’acqua era a livello del terreno e riuscirono ad uscirne. Non sono i ragazzi a dover fiutare il pericolo, ma gli adulti a dover sentire il peso della responsabilità“.

Il centro sportivo di Vinovo – stando alla ricostruzione dei due genitori – non era dunque in regola: “Il club si era appena trasferito e gli era stato concesso del margine di tempo per sistemare tutto”. Il processo, tuttavia, si chiuse in fretta, nel 2008. Quattro patteggiamenti e risarcimento alle famiglie: “Per carattere non abbiamo mai cercato lo scontro con la Juventus, non portiamo rancore. Ma, come mamma, non sento che sia stata fatta giustizia. Quello che abbiamo dentro lo sappiamo solo noi”.

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