"In estate gli avevo confidato che..."
C’è una sua qualità che, in Italia, dobbiamo ancora scoprire?
«Se ripenso al ragazzo che allenavo, in realtà, c’è una dote che faticavo a riconoscergli e in cui ora mi pare molto migliorato: la fase difensiva. In estate gli avevo confidato che quello italiano sarebbe stato il calcio giusto per migliorare, perché avrebbe abbinato conoscenze tattiche alle sue qualità».
Di quanto margine di crescita pensa che disponga ancora?
«Molto, secondo me. Il suo trasferimento nella Juventus l’ha aiutato a maturare, così come le prime esperienze con la Nazionale».
L’ha ancora sentito di recente?
«Sì, mi ha raccontato di essere molto contento per come è iniziata la sua avventura alla Juventus. Ora seguo i bianconeri anche sui social, così da non perdermi nulla di lui! Ho lavorato con molti giocatori importanti, in passato, e continuo a monitorarli tutti: sono molto legato a loro, vivo una sorta di paternità calcistica».
Ma è stato difficile allenare un ragazzo con un cognome così ingombrante?
«Per nulla, e credo non sia stato un problema nemmeno per lui. Chico, anzi, è un privilegiato: suo papà Sergio, in un colpo solo, è un papà, un ex giocatore e un allenatore. Ho percepito quanto questo sia stato importante nella sua crescita».
Questa sera c’è Juventus-City: può lasciare il segno?
«Penso sia una buona partita per lui, perché il Manchester vuole il possesso della palla e l’occupazione della metà campo offensiva, concedendo in compenso la profondità agli avversari: questo può essere un fattore decisivo».
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