Zinedine Zidane nel corso di un'intervista rilasciata a So Foot mise in evidenza un retroscena inedito sui suoi anni alla Juventus.
Zinedine Zidane è stato uno dei pilastri della Juventus degli anni duemila. Attraverso un'intervista rilasciata qualche anno fa ai microfoni di So Foot, ha rivelato: "Nello spogliatoio della Juve c'era un po' di nonnismo. All'epoca portavo i calzini marca Achile, corti e appariscenti".
Poi aggiunge: "Bene, ho scoperto che in Italia i calzini non devono mai essere corti o colorati. Alla fine di un allenamento sapete cosa trovai? Li ho trovati tagliati a strisce e incollati sul mio armadietto. Mi hanno detto che i calzini, rigorosamente a tinta unita, si portavano a metà polpaccio. Non ho mai più indossato calzini Achile. Ma io ero anche quello che tagliava la pastasciutta, senza sapere che commettevo un grosso errore".
"Mi hanno fatto a pezzi! Tutto giusto, è così che si apprende la cultura di un paese. Tutte le sere, verso le 19, ero in pigiama e mi sembrava normale. Ecco come era la mia vita a Torino. Non è una leggenda la storia che vuole che io mettessi un cappellaccio da pescatore per andare a giocare con gli immigrati, anche se l'ho fatto soltanto un paio di volte. A spingermi era il mio compagno di squadra Edgar Davids. Lui ci andava matto, lo faceva molto spesso: prendeva la macchina e quando vedeva qualcuno giocare in un parcheggio si fermava per aggregarsi. Mi diceva sempre: 'E' per loro che dobbiamo giocare, sono queste le partite importanti'. E io gli dicevo: "Ok, ma abbiamo gli allenamenti, apparteniamo a un club di alto livello, non possiamo rischiare di infortunarci". Allo stesso tempo, però, lo ammiravo, perché era in grado di fare delle cose del genere. In fin dei conti con poco, regalavamo dei momenti indimenticabili ai nostri fratelli".