Due buone notizie: il pallone lo porta la Lazio, non dovrebbe essere sgonfio come a Plzen e si gioca all’Olimpico, evitando le buche e le zolle trovate in Repubblica Ceca. Pensate quante ne avrebbe dette Sarri, che ha vinto l’Europa League al Chelsea ma non l’ha mai sopportata a Formello. Mau ragionava dalla Champions in su. Pensieri troppo elevati e scomodi per Lotito, abituato al limbo. Undicesima partecipazione in venti anni di gestione. Solo due volte, nel 2013 e nel 2018, la Lazio ha raggiunto i quarti. Petkovic si fece eliminare dai turchi del Fenerbahce con la complicità dello scozzese Collum e un arbitraggio scandaloso a Istanbul. Inzaghi, sopra di tre gol, subì la rimonta e un cappotto memorabile nell’ultima mezz’ora a Salisburgo. Da sette anni il club biancoceleste non andava così avanti nel torneo e non entrava nel tabellone a eliminazione diretta con prospettive tanto allettanti. C’è un percorso agevolato verso la finale di Bilbao, a patto di non snobbare l’impegno e continuare con lo stesso entusiasmo.
Svolta Lazio
Baroni, debuttante in Europa a 61 anni, ha trasmesso fame e ambizioni superiori al gruppo: vuole portare la Lazio oltre i suoi stessi limiti e confini mai esplorati. Ha già stabilito un record, il primo posto con la nuova formula della fase campionato a 36 squadre. Tutti in fila dietro alla squadra biancoceleste, sette vittorie in nove partite, l’unico ko (ininfluente) a Braga a fine gennaio, l’impresa epica di Plzen. Nessuno, nella storia della vecchia Coppa Uefa e dell’attuale Europa League, era mai riuscito a vincere una partita in nove contro undici. Questa sera mancheranno Gigot e Rovella, espulsi all’andata e squalificati, ma la Lazio si presenterà con quasi tutti i suoi titolari. Niente calcoli nei quattro giorni di svolta della stagione: domenica al Dall’Ara è in calendario un vero e proprio “spareggio” in chiave Champions con il Bologna.
© RIPRODUZIONE RISERVATA