TORINO - Alessandro Birindelli, fuori Motta e dentro Tudor: da profondo conoscitore dell’universo Juventus è sorpreso, innanzitutto, di vedere il quarto tecnico diverso in un anno sulla panchina bianconera? «Il calcio è fatto di cicli e, quando se ne chiude uno, ci vogliono pazienza e coraggio. Ma, soprattutto, ci vorrebbe tanta unità d’intenti».
Vorrebbe, dice?
«È quello che è mancato alla Juventus, a mio avviso. Al di là di ogni discorso tecnico o tattico, negli scorsi mesi non ho visto la necessaria compattezza tra società, staff tecnico e squadra. Ho la sensazione che ognuno abbia viaggiato per conto proprio, lavorando un po’ troppo per compartimenti stagni».
L’avvicendamento della sola guida tecnica, di conseguenza, potrebbe non bastare per risolvere i problemi?
«Sicuramente a Thiago Motta è mancata la comprensione del contesto: ha peccato di presunzione, pensando di poter replicare integralmente quanto costruito a Bologna. Ma la Juventus, con tutto il rispetto, è di un altro livello: avrebbe dovuto mettere da parte l’io. E lo dico da estimatore di Motta: mi piacciono le persone “dritte”, ma vanno comprese, di volta in volta, realtà e priorità. Poi, certo, la dirigenza non gli ha garantito il necessario supporto: non ci ha mai messo la faccia, non ha fatto chiarezza su quale fosse la programmazione».
Come se la caverà il suo compagno di tante battaglie Tudor in termini di comprensione del mondo Juve?
«Igor è una di quelle persone che può davvero trasmettere il dna bianconero, valore fondamentale per le vittorie che abbiamo raccolto insieme: la rosa ai tempi aveva grande qualità, d’accordo, ma non mollavamo mai e andavamo sempre oltre i nostri limiti. Alla Juventus adesso servirà far presa proprio su questi concetti, un po’ trascurati nella gestione precedente. E infatti credo che il club, nella scelta del successore di Motta, abbia dato un peso particolare all’aspetto umano ancor più che a quello tecnico».
© RIPRODUZIONE RISERVATA