TORINO - Così, duro, da non avere paura dei suoi sentimenti. Così juventino da ammorbidire il tono, duro, della voce, quando ricorda i primi momenti da ventenne nello spogliatoio dei mostri sacri: Del Piero e Zidane, per citarne due a casaccio. Sì, si respira un’altra aria alla Continassa dove ieri, con la conferenza di presentazione di Igor Tudor, è andato in scena un appuntamento ad altissimo tasso di juventinità. Un altro mondo rispetto alle performance di Thiago Motta, arrivato da Bologna con l’aplomb dell’ingegnere, freddo nelle dichiarazioni e gelido in tutti i suoi nove mesi rispetto alla storia ultracentenaria della Juventus. Al punto da riuscire a dire pubblicamente che non era ossessionato dall’idea di vincere alla vigilia del primo trofeo che poteva conquistare in bianconero: correva il gennaio di quest’anno, in quel di Riad, prima della semifinale di Supercoppa Italiana con il Milan. Motta perse contro una squadra appena rimessa in ordine da Conceiçao, che invece aveva molta più voglia di vincere e infatti alzò pure il trofeo al cielo. Certo, non si vince con le parole, con le dichiarazioni o le sceneggiate, lo ha rimarcato peraltro lo stessoTudor. Non serve mettersi in scia alla retorica, però viaggiare contromano è sempre pericoloso:Motta, ovviamente non solo per quello, ha perso il posto. Un rischio che non correrà questo gigantesco croato dall’italiano fluido e l’attitudine a scandire le parole guardando diritto negli occhi di chi ha di fronte. Difficile, così, poi, rivendicare l’equivoco o che non si aveva capito...
Juve, con Tudor una scossa
La scossa mentale Tudor l’ha già data alla squadra anche se per vedere il suo lavoro da allenatore occorrerà aspettare un paio di settimane. Ma nel frattempo, come ha ribadito più volte, nessuna scusa. Nessun alibi. "Qui siamo alla Juve e si sa cosa conta". Musica per le orecchie dei tifosi, ormai straniti e spaesati dal condottiero triste Thiago, riottoso all’idea di doversi contaminare con concetti che non sono alla base del suo credo. Tutto serve, tutto produce esperienza. Probabilmente la prossima volta che si siederà su una panchina terrà in maggior considerazione i valori e la storia del club. Per Tudor, il problema non si pone avendo giocato nella Juventus per 8 anni per poi averla vissuta da vice di Pirlo nella stagione 2020/21. Tudor è una montagna gigantesca di quasi due metri che si sente uomo forte anche per cosa ha imparato da ragazzo bianconero, con gli insegnamenti di maestri quali Lippi, Ancelotti e Capello.
© RIPRODUZIONE RISERVATA