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Lichtsteiner: "Rifiutai l'Inter per amore della Juventus, so che presto tornerà a vincere. Finali di Champions? C'è da capire con chi abbiamo perso..."
Stephan Lichtsteiner, ex giocatore di Juventus e Lazio, ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport.
GLI ALLENAMENTI CON CONTE - "Molto. Però non è quella la cosa che più mi resta nella mente. Conte ti mandava in campo sapendo tutto: cosa avrebbero fatto gli avversari, cosa sarebbe successo, come reagire a ogni situazione tattica. Avevamo sempre qualcosa in più. Giocare con la Juve è completamente diverso e Conte te lo faceva capire. Ci diceva sempre che per restare nella storia bisogna vincere. Il primo anno all’inizio credeva solo lui di poter fare qualcosa di grande. Noi ci fidammo di Antonio, gli andammo dietro, riuscimmo a reggere lo stress mentale e negli ultimi due mesi eravamo convintissimi di farcela".
PRIMO GOAL ALLO STADIUM - "Vero, ma io preferisco restare nella storia per i sette scudetti. Quel goal, comunque, fu importante perché nelle amichevoli estive qualcosa non funzionava e vincere al debutto ci diede fiducia. Con Pirlo c’era questo feeling speciale: se scattavo con i tempi giusti, la palla arrivava. Era una cosa naturale, non la provavamo nemmeno tanto in allenamento. E non c’era bisogno che gliela chiamassi, perché Andrea aveva occhi dappertutto".
SCUDETTO CHE SI E’ GODUTO DI PIU’? - "Sembrerà banale, ma sono davvero tutti uguali. Certe volte è sembrato che per noi fosse facile, ma non lo è mai perché mentalmente senti di dover vincere per forza. Nel 2015-16 la rimonta fu incredibile: dopo il goal di Cuadrado nel derby cominciò una serie lunghissima di vittorie consecutive. Non fu mica una cosa normale. L’ultimo scudetto, cioè quello del 2017-18, è stato il più sofferto: noi siamo stati bravi, ma non perfetti e il Napoli ci stava addosso. Me lo sono goduto, anche se sapevo che sarei andato via".
FINALE DI BERLINO - "Eravamo vicinissimi, dopo il pareggio di Morata potevamo passare in vantaggio. Il pizzico di fortuna che a volte avevamo in campionato non l’abbiamo mai avuto in Europa. Ma non bisogna cercare alibi, piuttosto capire contro chi abbiamo perso le finali: il Barcellona di Messi, Suarez e Neymar, il Real Madrid di Ronaldo. Con tutto il rispetto per altre squadre, non è la stessa cosa".
LA RABBIA DI BUFFON A MADRID - "No, mai. Ma il rammarico dobbiamo averlo per lo 0-3 dell’andata: eravamo forti, non doveva succedere. Poi, certo, resta quella decisione sbagliata dell’arbitro, ma fa parte del calcio. Non era giusto, però si deve accettare".
IL NO ALL’INTER - "Per serietà: amo la Juve e quindi non potevo giocare nell’Inter. Adesso soffro da tifoso, ma presto torneremo a vincere".
COSA RESTA DEGLI ANNI ALLA JUVENTUS? - "La mentalità: devi dare il massimo, vinci, ti godi il momento e ricominci subito a dare il massimo inseguendo un’altra vittoria. Ci sono giocatori fatti per la Juve e altri, pur bravi, che non sono fatti per la Juve. Nel primo gruppo ci sono quelli che riescono a gestire lo stress, che hanno la lucidità di andare oltre il momento o il risultato, che sanno lanciare i messaggi giusti ai compagni, che capiscono cosa significa davvero indossare quella maglia, che imparano da chi c’era prima di loro e poi insegnano a chi arriva".
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