L'emozione è un pensiero che vola fino a 35 anni fa. Capelli nerissimi, il sorriso perspicace di un vecchio ragazzo, l’orgoglio di guidare un genio come Enzo Francescoli e un popolo adorante. Claudio Ranieri debutta in Serie A nel settembre 1990 dopo il doppio salto in avanti, due campionati vinti di fila, al cospetto dell’Inter di Trapattoni. Maestrale caldo di fine estate, al vecchio Sant’Elia, e tempesta bionda sul debutto: Jürgen Klinsmann segna tre gol e rovina la festa annunciata. Ma nessuno pensa di fischiare il Cagliari di Ranieri, che merita anzi solo un ringraziamento per il percorso che lo ha condotto fin lassù**. Sarà così anche domenica all’Olimpico, per Roma-Milan. Per il baronetto Claudio è la partita numero 500 da allenatore di Serie A**. In realtà nel curriculum ne ha infilate oltre 1.000, frequentando i campionati inglese, francese e spagnolo e addirittura il mondo delle nazionali, per soli quattro mesi con la Grecia. Ma da noi raggiunge la cifra tonda proprio nella notte in cui per l’ultima volta allenerà la Roma nello stadio più amato e desiderato. Coincidenze di un destino che gli permette una degna celebrazione a prescindere dal risultato: sono già pronte le nostre magliette celebrative (Grazie Mister), sono in fibrillazione i gruppi organizzati della Curva Sud per un altro giorno del ringraziamento pagano.
Ranieri, l'emozione per una festa
Sei anni fa, quando pensava di congedarsi definitivamente dalla Roma, Ranieri scoppiò a piangere durante la partita davanti ai cori e agli striscioni in suo onore. E’ lecito immaginare che anche stavolta, soprattutto stavolta, non rimarrà indifferente al turbine di affetto che lo travolgerà. Ha cominciato ad allenare in Serie A nel campionato in cui la Sampdoria ha vinto lo scudetto, lascerà il mestiere nell’anno in cui la Sampdoria retrocede per la prima volta in Serie C. Ci vorrebbe uno come lui, maestro di emergenze, per risollevare velocemente il Doria. Ma ormai la decisione è presa: Ranieri ha chiarito che «la Roma perderebbe un anno di progetto se continuassi in panchina per un’ulteriore stagione». Inoltre «ho voglia di vedere un po’ il mondo a 73 anni: per il calcio ho viaggiato tanto ma ho conosciuto poco». Non a caso lunedì, nel contestare l’arbitraggio di Sozza e l’intervento del Var, parlava già da dirigente.
L'Olimpico si prepara per Ranieri e la corsa Champions
I romanisti sono dolorosamente avvinghiati a queste sere di maggio di palpitazioni forti: nel 2017 e nel 2019 piansero per l’addio forzato di Totti e De Rossi, domenica piangeranno per l’addio di Ranieri, l’uomo che ha restituito loro «speranza ed entusiasmo», come ama ricordare Sir Claudio. Naturalmente i tifosi si augurano che il commiato sia altrettanto dolce: otto anni fa il gol di Perotti a tempo scaduto contro il Genoa valse il record di punti e il secondo posto in classifica, con annessa qualificazione alla Champions; sei anni fa invece la Roma piegò il Parma garantendosi un piazzamento in Euroleague. Oggi lo scenario è più confuso per due ragioni: la prima è che l’evento clou capita alla penultima giornata, rimandando prevedibilmente i verdetti di qualche giorno; la seconda è che ogni finale in questo sprint è plausibile, dal clamoroso ribaltone in zona Champions all’amarissima esclusione da ogni coppa europea. Per evitare sorprese Ranieri deve battere il Milan e poi il Torino: con 6 punti non rischierà di guardare l’Europa dalla tv nella prossima stagione e potrebbe scavalcare la Lazio, per ottenere un primato cittadino che può avere un peso non puramente simbolico. Di sicuro, la Roma cercherà in ogni modo di non imbrattare la festa di Ranieri con uno sgorbio tecnico: i giocatori hanno provato a trattenerlo, nel mezzo della serie di 19 partite interrotte a Bergamo. Ma non c’era modo di convincerlo. La sua nuova vita è fuori dagli spogliatoi ad aspettarlo.
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