“Per i grandi club uno Scudetto in più o in meno non è che cambia tanto la vita, per una piazza come Napoli è storico; basti pensare che due anni fa non lo vinceva da oltre 30 anni, da Maradona, e si sa la differenza, che tipo di differenza c'è anche nel vivere queste situazioni. Chi è abituato vive più serenamente tutto l'ambiente, chi non lo vive spesso è tutto l'ambiente che diventa molto ansioso, carico di tensione e dovremmo cercare di tenere nel giusto peso”. Antonio Conte continua a mandare messaggi, come nel suo stile, e quando lo fa le parole vanno sempre pesate perché assumono un certo significato. Per il momento nel quale vengono pronunciate e per il contesto che lo circonda.
Le ultime due tappe di un'avvincente corsa Scudetto con l'Inter generano la giusta dose di stress ad un ambiente che, già di suo, non riesce a sottrarsi nel far sentire la propria vicinanza – talvolta pure eccessiva – ad una squadra che sin qui ha fatto grandi cose. Antonio Conte prova ad erigere una barriera tra il suo Napoli e il mondo esterno, in vista dei 180' che decideranno l'esito di un campionato. Esaltando al tempo stesso il percorso intrapreso e portato avanti, sovvertendo pronostici e generando, suo malgrado, aspettative superiori. Ma in quell'evidenziare che, all'ombra del Vesuvio non esiste l'abitudine a lottare per i grandi traguardi a differenza di quanto possa accadere a Torino o Milano, è una puntualizzazione che a qualcuno potrebbe far storcere il naso. A qualcuno dei suoi stessi tifosi ma anche e soprattutto ad Aurelio De Laurentiis, che da presidente del club azzurro ha saputo costruire negli ultimi anni una squadra capace sempre di frequentare le zone più alte della classifica di Serie A.
Le parole di Conte vanno pesate perché arrivano al termine di una settimana particolare, nella quale le speculazioni di mercato su un suo addio a Napoli al termine di questa stagione e quelle su un ritorno alla Juventus si sono intensificate. A quanto pare, non basterebbero la promessa di una campagna di rafforzamento estiva con nomi altisonanti, in linea con le sue insaziabili ambizioni e con la necessità di affrontare una nuova stagione con una Champions League in più in calendario. Eppure reinvestire i proventi della cessione di Osimhen, di rientro dal prestito al Galatasaray, e magari quelli di Anguissa per puntare ad obiettivi di alto profilo come Beukema, de Bruyne, David (per restare alla cronaca degli ultimi giorni) andrebbe esattamente nella linea di quanto Conte chiede per avere garanzie tangibili da parte della società di rispondere alla sua fame di successi. Ma qui si entra nella sfera dei rapporti personali, di una relazione che tra il tecnico salentino, il suo presidente e forse anche il ds Manna – reo di non aver sostituito adeguatamente Kvaratskhelia a gennaio e di non aver preso nemmeno un rinforzo in difesa – non è più come ad inizio stagione.
Si parla di pressioni, di richiesta di vittoria e nella Juventus di oggi, che non conquista lo Scudetto ormai dal lontano 2020, non è che oggi esista la certezza di tornare immediatamente al vertice. Hanno fallito Allegri prima e Thiago Motta poi, nonostante quest'ultimo in particolare abbia potuto beneficiare di una campagna acquisti piuttosto robusta nella scorsa estate. La sensazione è che a Torino si respiri il clima di una nuova rivoluzione, che passa certamente dalla scelta di un nuovo allenatore e che potrebbe toccare anche gli equilibri dirigenziali. Servono certezze, servono uomini abituati a flirtare con la parola vittoria e Antonio Conte, che in più ha una discreta conoscenza del mondo Juventus, parte coi favori del pronostico e della piazza, in tal senso.
Il suo contratto col Napoli scade nel 2027, percepisce un ingaggio da 6 milioni di euro più bonus ma per natura Conte è sempre alla ricerca di nuove sfide e di stimoli per alimentare la sua voglia insaziabile di essere protagonista di qualcosa di importante. Ha riportato il club di De Laurentiis in lizza per lo Scudetto dopo il decimo posto della passata stagione e la destrutturazione della squadra di Spalletti, ha garantito l'obiettivo minimo del ritorno in Champions League e, a due giornate dalla fine, può completare l'opera aggiungendo un altro tricolore nella sua collezione. Eppure, dietro quelle parole e in considerazione del momento nel quale le ha pronunciate, in molti sono convinti che si nasconda un messaggio. Probabilmente di addio, di passaggio di consegne a chi dovrà raccogliere il testimone. Anche in questo caso fanno fede certi rumors, quelli che vorrebbero Massimiliano Allegri pronto a rilevare la sua panchina. Come alla Juventus, undici anni fa.
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