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La finale che la Juve non doveva giocare

«È come una finale». Parlando quella sgangherata lingua che è diventata il calcese, non esiste una metafora più abusata, scolorita e stucchevole, ma questa volta, per la Juventus, è maledettamente vera. Venezia-Juventus è la finale che la Juventus non voleva e non doveva giocare, ma è una finale. Perché domani, in Laguna, si tirano le fila di una stagione bislacca che può diventare autentico disastro o una serie cocenti delusioni sportive rattoppate con la qualificazione Champions. È un dentro o fuori e, tendenzialmente, vale solo un risultato perché fidarsi di una catena di Sant’Antonio di incroci sarebbe un rischio inaccettabile e, soprattutto, un epilogo ancora più meschino.

Una finale a tutti gli effetti

È dunque una finale a tutti gli effetti, non quella che il club e il suo popolo sognavano di disputare, perché dipendere da una sfida con la penultima in classifica non è la condizione naturale della Juventus, soprattutto nella settimana in cui c’è chi, di finale, ne gioca un’altra, a Monaco di Baviera. Non che alla Juventus venisse chiesto di giocarsi la Champions fino all’ultimo atto (ecco, magari di non uscire ai playoff senza accedere nemmeno agli ottavi), ma la finale di Coppa Italia e quella di Supercoppa Italiana erano alla portata dei bianconeri. L’unica finale, invece, è quella di domenica ed è giusto che la concentrazione sia massima, è lodevole che tutti si siano adoperati, in questa settimana, affinché nessuno sottovaluti la portata della sfida e il suo significato.

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