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Juventus, cos'è mancato per lottare per lo Scudetto: empatia tecnico-squadra, Bremer e il flop del mercato

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Redazione Calciomercato

Juventus, cos'è mancato per lottare per lo Scudetto: empatia tecnico-squadra, Bremer e il flop del mercato

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Simone Eterno

10 minuti fa

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Così vicini, eppure così lontani. La Juventus chiude la sua complicatissima stagione con una soffertissima vittoria a Venezia; centrando, sul filo del rasoio, una qualificazione in Champions League che si configurava come il minimo sindacale alla vigilia di questa stagione. Ben altre, infatti, erano le premesse di questo nuovo ciclo bianconero; una stagione in cui, per la prima volta, Cristiano Giuntoli si presentava da "uomo solo al comando" e in pieni poteri. La cacciata di Allegri. L'arrivo di Motta. Un gruzzoletto di quasi 200 milioni investiti sul mercato. Doveva essere insomma una Juve, almeno sulla carta, pronta se non a vincere per lo meno a giocarsi una stagione da protagonista, a porre delle solida fondamenta per il futuro. È finita con il tecnico esonerato a marzo e con tante voci sul futuro dello stesso Giuntoli; con un nuovo - l'ennesimo - progetto tecnico all'orizzonte ma soprattutto col sospiro di sollievo tirato solo a venti minuti dalla fine all'ultima tappa di Venezia.

Una stagione in qualche modo paradossale. Perché se è vero che la Juventus non è in sostanza mai stata realmente in corsa per lo Scudetto, al di là di quegli 'scherzi' di una classifica che a un certo punto - dopo la vittoria casalinga sull'Inter e prima della sfida con l'Atalanta - ha fatto credere a qualcuno che potessero esserci anche i bianconeri, altrettanto vero è che la Juve chiude a 12 punti dal Napoli campione, ma con lo stesso identico numero di sconfitte: solo quattro. Così lontani eppure così vicini.

Hanno pesato così maledettamente quella serie infinita di pareggi; quelli che tra metà ottobre e metà gennaio alla fine sono stati fatali a una stagione le cui premesse e il cui avvio erano stati tutt'altro che negativi. Sedici. Troppi, appunto, persino per una squadra che esattamente come il Napoli ha perso meno partite di tutte. Una crisi prolungata. Per 'un vuoto' che, avremmo capito poi, è stato anche figlio di una chimica mai nata tra Thiago Motta e il gruppo squadra. Perché quando si è clamorosamente arrivati al dunque, proprio dopo quel successo sull'Inter, l'impalcatura è venuta giù e il bluff è stato mascherato: la prestazione in casa con l'Atalanta ma soprattutto quella successiva a Firenze a raccontarci di un rapporto mai nato eppur già logoro tra tecnico e squadra; di un progetto tecnico che non aveva alcun futuro proprio perché il gruppo, in toto, con quelle non-prestazioni aveva fatto capire quale fosse il problema. Dove inizino le colpe del tecnico e finiscano quelle della squadra - e viceversa - è esercizio di difficile comprensione. Ognuno - ne siamo certi - si sarà fatto la sua idea. Di fatto però resta questo, ovviamente, il vero punto nevralgico di una stagione salvata solo in extremis: un rapporto mai sbocciato tra l'allenatore che doveva lanciare un progetto a lungo termine e la sua stessa squadra.

C'è stata poi la sfortuna. Perché, restiamo convinti, una Juventus con Bremer per tutta la stagione... Beh, sarebbe stata un'altra Juventus. Perché d'accordo non è certo un singolo a fare la differenza, ma c'è stata una Juve prima del brasiliano e una dopo il brasiliano. Fino al 2 ottobre a Lipsia una squadra che aveva preso un gol in 7 partite ufficiali. Dal 2 ottobre in poi, una squadra a rincorre l'infinita emergenza difensiva, a lungo fragile e tamponata da un mercato che tenderemmo a definire disperato: in nessun altro modo si può infatti spiegare l'acquisto a 20 milioni - bonus più bonus meno - di uno come Lloyd Kelly. Ecco, Bremer è stato certamente un fattore; ma non vanno dimenticati nemmeno tutti gli altri infortunati. In qualche modo una sorta di attenuante alle difficoltà cui a lungo ha dovuto far fronte Motta, chiamato ogni giornata a districarsi tra emergenza ed emergenza.

Ed è mancato infine, terzo punto, un grande bomber. Il catalizzatore di una produzione offensiva evidentemente scadente - la Juventus chiude da quarto peggior attacco tra le prime 10 della classifica, davanti solo a Como, Roma e Bologna - ma in cui il grande assente è stato ancora una volta il centravanti. E qui tocca chiedere scusa a Massimiliano Allegri. Se per anni infatti, almeno chi vi scrive queste righe, aveva sostenuto che buona parte dei problemi di Vlahovic derivassero da un calcio offensivamente asettico come quello di Allegri, la verità è che anche nella promessa del football offensivo con cui si è presentato Motta, il serbo ha dato pochissimi segnali di vita. Tant'è che lo stesso Motta lo ha quasi subito fatto fuori, chiedendo aiuto a Giuntoli e al nuovo arrivato Kolo Muani. E allora se non segna con Allegri, se non segna con Motta, se non segna in Nazionale e non lo fa anche con Tudor, forse alla Juventus bisogna semplicemente accettare il fatto che Vlahovic non è quel grande centravanti che si pensava e per cui è stato effettivamente pagato. Voltare pagina e accettare di aver toppato, probabilmente, l'unica soluzione possibile. Consapevoli che, anche i grandi assegni, non sono sinonimo di garanzia. Come del resto pienamente confermato anche dai vari Nico Gonzalez, Douglas Luiz e Teun Koopmeiners.

Sì perché ultimo - ma non per importanza - punto nell’analisi della mediocre stagione bianconera, arriva da coloro che a Torino erano arrivati con la promessa di ribaltare come un calzino il centrocampo. Ecco, i grandi acquisti dell'estate di Giuntoli hanno floppato e hanno ‘floppato di brutto’. Gonzalez si è confermato una scelta rischiosa a quel prezzo. Douglas Luiz ha a lungo frequentato l'infermeria prima di cadere nell’anonimato, facendo parlare di sé più per il gossip e qualche commento rivedibile sui social che per le prestazioni in campo. E Koopmeiners... Beh, Koopmeiners si è rivelato, almeno in questa sua prima stagione juventina, un autentico bluff. L'ennesimo gioco di prestigio di Gian Piero Gasperini. Chissà che qualcun altro, magari lo stesso Antonio Conte, non sappia riportare l'olandese ai livelli di Bergamo. Perché sì, giova ricordarlo, Koopmeiners è costato esattamente il doppio dell'MVP del campionato Scott McTominay. Così vicini, eppure così maledettamente lontani…

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