Se fai il riscaldamento con un pigiama, non puoi sperare in una partenza reattiva. In una stagione che ha visto l’onore della Juventus più volte accoltellato, lo scempio del prepartita con la tutina pastello e delle strisce variegate della prima maglia sono peccati tanto fastidiosi quanto veniali, anche se riguardano quel rispetto nei confronti dei tifosi che sempre più spesso viene a mancare. Sì, la qualificazione in Champions, raggiunta con immane e inverosimile sofferenza contro il Venezia, amnistierà molte colpe, ma non si può e non si deve vendere il quarto posto come un successo. Non dopo il mercato estivo che presupponeva un altro andamento, non dopo aver fallito malamente tutti gli altri obiettivi sportivi, non dopo aver abortito il progetto Motta dopo otto mesi, non dopo aver zoppicato per tutta la stagione. Al fischio finale di ieri, un tifoso ha scritto un aforisma perfetto: «Stasera è successa la cosa più bella della stagione: che è finita». Poi, senza dubbio, vanno onorati il coraggio di Locatelli, l’abnegazione di Thuram (che zoppicando difende l’ultimo pallone andando alla bandierina), la qualità di Yildiz e Kolo, la paratona di Di Gregorio un minuto prima del rigore di Locatelli (forse i sessanta secondi in cui la stagione bianconera è svoltata dalla parte giusta).
I meriti di Tudor
Sarebbe crudele non riconoscere a Igor Tudor i meriti per aver risollevato questa squadra e a questa squadra il merito di essersi risollevata dall’inferno. Anzi forse sarebbe importante ripartire dallo spirito che ha animato la Juventus da due mesi a oggi, non certo dalla qualità del gioco, dalla precisione, dall’attenzione, ma dallo spirito sì. Intorno a quello spirito si può iniziare la ricostruzione, che sarà difficilissima, ma almeno riparte con 80/100 milioni in più e la possibilità di giocare la massima competizione europea. Da oggi la Juventus è chiamata a scegliere un nuovo allenatore. Non è detto che l’insistenza con cui circola il nome di Antonio Conte sia direttamente proporzionale alla probabilità che sia lui il prescelto (i cortocircuiti mediatici di questi tempi possono amplificare anche i battiti di ciglia), ma è indubbio che resti uno dei candidati più forti per la panchina bianconera.
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