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Juve, il flop di Giuntoli riflesso di una società che oggi non sa più chi è

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Redazione Calciomercato

Juventus, il flop di Giuntoli riflesso di una società che oggi non sa più chi è

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Simone Eterno

2 minuti fa

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Non è bastata una stagione super deludente, il flop del mercato e una Champions League presa per i capelli a Venezia a 20 minuti dalla fine del campionato, grazie a un calcio di rigore. La fotografia di ciò che vive in questo momento la società Juventus, probabilmente, è ancor più chiara nello sviluppo di queste ore confuse. La telefonata in extremis a Gian Piero Gasperini, probabilmente effettuata da chi dovrà arrivare ma formalmente non è nemmeno ancora lì, è l’ultimo episodio di un momento societario al limite del grottesco.

Un momento, a dir la verità, che ‘momento’ ormai non è più. Anzi. Il periodo, a dirla tutta, è piuttosto prolungato. Perché i movimenti semi disperati di oggi sono figli delle scelte di ieri. E le scelte di ieri, di fatto, si sono rivelate semplicemente disastrose. Un’onda negativa lunga, anzi, lunghissima; un declino che sembra rispondere alla teoria del piano inclinato.

Sì perché l’inizio della fine, in fondo, alla Juventus, è stato quasi impercettibile. La gestione era ancora quella di Andrea Agnelli. Un presidente che decideva di accantonare la sua creatura per lanciarsi in una battaglia politica alla UEFA più grande, evidentemente, anche del proprio ego. Una battaglia che avrebbe perso e, insieme ai cocci, avrebbe crepato e fatto a pezzi quella Juve arriva a dominare in Italia per nove stagioni consecutivi.

Da lì in poi, è tutto un calando. L’addio di Marotta e i pieni poteri a Paratici. L’inizio di una gestione sportiva economicamente spregiudicata, alla rincorsa di un obiettivo - la Champions League - diventato ossessione. Il fallimento di quei progetti sul campo. I conti da risanare. Le dimissioni dello stesso Agnelli, la nuova presidenza e il nuovo management. Fino alla scelta di un paio di anni fa. Provare ad affidarsi a colui che era riuscito in un’impresa che sembrava impossibile: vincere a Napoli.

In questi giorni, ‘sparare’ su Cristiano Giuntoli, è lo sport più praticato. E del resto le colpe del ds sono evidenti. Sua la scelta Thiago Motta. Sue le operazioni di un mercato rivelatosi sul campo totalmente fallimentare. Sua una gestione dove, di fatto, ha bruciato un anno di tempo. Sì perché fin dal suo ingresso era chiara la volontà di liberarsi - comprensibilmente - di un progetto tecnico in cui non aveva mai creduto, quello di Massimiliano Allegri. Anziché prendere la decisione impopolare fin da subito, però, Giuntoli ha preso tempo, lasciando spazio alle incomprensioni e ai malumori di una stagione finita tra i veleni. Perdendo, di fatto, un anno che forse oggi rimpiange ancor di più.

Il resto è il presente. Un presente che non è stato difeso a sufficienza, in cui la vittima è stato prima il tecnico e che oggi diventa il direttore che quel tecnico aveva voluto. Fin qui, tutto chiaro. Se non fosse che il problema, a questo punto, diventa ‘a monte’. Nel calcio vige infatti la stessa identica teoria che regola la cucina: quando il pesce puzza, lo fa dalla testa. E i movimenti odierni sono la chiara dimostrazione della confusione totale di chi sta sopra.

La stessa società che ha dato pieni poteri a Giuntoli è quella che oggi si accinge all’ennesima ristrutturazione con settimane di ritardo. Perché era da un paio di mesi ormai che attorno a casa Juve girava questa voce, quella di un’ennesima rivoluzione estiva.

Eppure, una settimana dopo il termine del campionato, la Juventus si scopre impreparata, piccola-piccola davanti all’inaspettato due di picche di Conte. Un Conte che era stato scelto, evidentemente, per salvare capra e cavoli e tappare con i suoi miracoli sportivi sul campo tutto ciò che in questo momento palesemente non va. Ma il cui rifiuto all’ultimo ha lasciato il club bianconero nudo di fronte alla cruda realtà dei fatti: una società a cui manca una guida, un progetto, un’idea. Una Juventus, insomma, in balia degli eventi. Da qui quella telefonata a Gasperini - chissà poi di chi, Comolli? Chiellini? - definita quasi grottesca perché grottesca è nei modi e nei tempi. Inevitabile che persino uno come il Gasp, che quella chiamata l’ha attesa una vita, dicesse ‘no grazie’.

Insomma, ciò che stamattina è il fallimento di Giuntoli è in realtà solo la copertura di un qualcosa di assai più grande. Perché la Juventus, ormai da tempo, non sembra più essere la Juventus. La teoria del piano inclinato. Resta da capire, soltanto, quando quella sfera smetterà di correre verso il basso.

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