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Musetti: "La prima volta che sono andato a vedere la Juve non è andata bene". Su Buffon, Del Piero e Sinner e Alcaraz...

La vittoria in Coppa Davis

Il successo dei tennisti italiani ha fatto sì che questo sport prendesse piede: “C’è la parte maschile, sì, ma io aggiungerei tanto anche anche Jasmine Paolini e Sara Errani. Per esempio il percorso che sta facendo Jasmine è bellissimo, col suo sorriso, con la sua grinta. Perché comunque è una ragazza sempre col sorriso ma è molto grintosa in campo, e secondo me ha portato anche un pubblico femminile importante, specialmente di ragazzine e di bambine che si approcciano a questo mondo. Però devo dire che dalla nostra parte anche il fatto di aver condiviso e aver vinto due volte la Davis di fila è qualcosa che ha segnato l’Italia. Ovvio che magari non ha l'importanza di un Mondiale, perché comunque non si gioca ogni 4 anni e si gioca tutti gli anni, però per noi vincere la Davis era qualcosa che dici "Cavolo, ho vinto la Davis". Cioè, è davvero qualcosa che uno sogna da bambino. Quanto è importante la vittoria in un percorso del genere? Beh, è un po' il il coronamento del lavoro, del sacrificio, è il successo in termini proprio di risultato e di, come dicono in inglese, di achievement. Fondamentalmente è è lo scopo finale di tutto il sacrificio, il lavoro, la passione che ci metti quotidianamente. Se non c'è una cosa che puoi toccare con mano, come può essere una coppa o comunque un risultato importante, viene vanificato un pochino il il lavoro che c'è stato. Poi è ovvio che credo che non sia solo quello: ciò che ti spinge comunque ad andare oltre anche ai dolori, la stanchezza, le tue debolezze, sia proprio la passione per questo sport. Quindi la passione per per lo sport e per il tennis nel mio caso è a prescindere dai risultati. Cioè io sono sempre stato ‘malato’ di sentire, per esempio, il rumore della pallina uscire dalla racchetta. Il suono della pallina è un po' il rumore dell'erba di Spallettiana memoria? Si, esatto. Quindi non è legato solo al successo, però poi ovviamente quando scali la montagna e poi raggiungi la vetta, arrivi al tuo traguardo finale che può essere un obiettivo, come per me il mio sogno nel cassetto massimo è quello di diventare numero uno al mondo o vincere uno slam. Per quanto riguarda lo slam: sono stato due volte in semifinale, quindi quel raggiungimento era veramente vicino alla mia vetta. Spero un giorno di poter di poter salire lassù in cima e vedere cosa c’è, cosa succede”.

La vittoria e la sconfitta

Ma quanto è ossessionato Musetti dalla vittoria? “Beh, sono sempre stato molto competitivo anche da piccolo. Infatti la mia compagna mi prende in giro perché spesso quando giochiamo a carte… Racconto questo aneddoto veramente divertente: l’anno scorso siamo andati a fine anno in vacanza con mio cognato e mia cognata. Facciamo una partita a Beach Volley e vedevo che comunque Veronica, la mia compagna, non è che si stesse impegnando tanto. Io sono andato fuori di testa perché poi alla fine perdemmo tipo al terzo set dove stavamo vincendo ed è finita in litigata. Lei mi diceva "Te sei pazzo te non è che puoi pensare che io mi mi debba buttare e lanciare." Le ho detto che per me se c'è una partita bisogna cercare di dare il meglio. Poi si può anche perdere per l'amor di Dio, perché la sconfitta fa parte del dello sport, però il fatto di non provarci a me dà dà fastidio. Per saper vincere devi imparare a perdere, perché poi il nostro sport ci aiuta tantissimo in quello: noi giochiamo praticamente ogni settimana, quindi la sconfitta è sempre ripetuta, a meno che veramente non vinci ogni torneo, poi in un anno solare sono più le vittorie che le sconfitte. Mi sembra che quest'anno io sia tipo a 43-44 vittorie e una ventina di sconfitte, però comunque sono 20 e più sconfitte, 20 partite dove esci dal campo sconfitto. Come gestisco la sconfitta? Beh, dipende tanto dal tipo e da come avviene, la sconfitta. Ci sono certe partite dove è molto facile cadere in una sorta di di spirale negativa, ecco. Perché anche il tennis è fatto molto di fiducia e di feeling, specialmente con la pallina nel nostro caso. Quindi ci sono state sconfitte veramente veramente pesanti che mi hanno anche fatto pensare per un briciolo di secondo di dire "Ma smetto, non voglio più provare questa questa sensazione”. Però sono pensieri a caldo, poi passa perché comunque c'è la voglia di rifarti, di rivivere le sensazioni di una vittoria. Quindi come in tutti gli sport c'è il fatto di di vincere, di essere portato in alto e il fatto di perdere e di cadere un po' in quella spirale del perdente”.

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