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Kostic gol, l’ultima Spallettata: dimenticato da Tudor, con Lucio è diventato un titolare

INVIATO A FIRENZE - La palla esattamente lì, dove doveva capitare; il mancino scoccato esattamente così, come doveva essere scoccato. Non gli sarà sembrato vero, e infatti l’esultanza è stata inizialmente quasi una reazione di spaesamento. A tratti profondo, persino. E invece è stato il classico posto giusto con contorno di momento giusto: e Filip Kostic ha festeggiato. Quand’era però il cinquantesimo. E quando c’era ancora tutta un’altra partita da giocare: quella in campo, quella sugli spalti, soprattutto quella contro sé stessi. Che poi è la tematica oggi più viva in casa Juve, dove a partire da adesso si analizzeranno problemi e paure, classifica e percorsi. Da cui anche qualcosa di buono è arrivato, sia chiaro. Tipo Filip. Proprio Kostic. Per Spalletti, l’unico in grado di dare una scossa alla squadra, con quel suo movimento binario - cioè: o va avanti, oppure rientra - che sfocia spesso in un cross, quasi sempre in un’occasione. In una Juventus spesso peccatrice di qualità, l’obiettivo del tecnico è stato innanzitutto quello di istillare un concetto di quantità.

Kostic si è fatto trovare pronto

E allora, complice lo spostamento di Cambiaso a destra - così da entrare dentro al campo, per poi funzionare come centrocampista aggiunto e aiutare il giropalla -, sull’out mancino c’è stato libero spazio per la corsa di Kostic, rientrato per volere di Tudor ma titolare soltanto da quando le decisioni vengono prese da Luciano Spalletti. L’avrebbe voluto anche a Napoli, del resto, dopo l’exploit con l’Eintracht di Francoforte: gli piaceva la continuità con cui sfondava sulla fascia, la bravura negli scambi stretti, la puntualità con cui si procurava opportunità e ne forniva ai compagni. Sembravano caramelle da scartare, qualche anno fa. E allora Lucio ha provato a ripartire esattamente da lì, come ha fatto in fondo con Koopmeiners. Giocatori studiati e idealizzati ancor prima di allenarli. Che è sempre un’altra roba e lo è stato pure a Torino. Dove Pippo, i compagni lo chiamano così, ha aspettato pazientemente l’occasione e si è fatto trovare pronto non appena gli è piovuta. La prima? Addirittura con Brambilla in panchina, nella fase di passaggio tra un’era e l’altra.

L’inizio di una lunga corsa

È stato il debutto da titolare, dopo appena 83 minuti giocati in 7 partite totali, ed è stato l’inizio di una lunga corsa, una delle sue: in campo dal 1’ con la Cremonese, la panchina nel derby, e 66 minuti a Firenze. Qui ha trovato il secondo gol, pure consecutivo. Insomma: in una squadra da soluzioni estemporanee, lui ha qualcosa in più, la «fucilata nella notte» che altro non è che il suo mancino dal limite. Meglio di niente. E meglio di altri. Anche per questo la storia sul suo contratto non può dirsi finita: la scadenza è fissata per il 30 giugno 2026 e le parti sembrano destinate a riparlarne. Non subito, non adesso, ma in primavera e con il consenso già stipulato a non separarsi a gennaio. A maggior ragione adesso, dopo tutta la fiducia regalatagli da Spalletti. Soprattutto ora, che sta ritrovando la luce delle presenze e il riflettore dei gol. Certo, arrivasse qualcosa in più sul fronte dei risultati, non sarebbe male. Chissà che non possa agevolargli persino il discorso rinnovo...

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