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"Così non si va in Champions": dai silenzi del Franchi ai confronti a Vinovo, ecco il patto Juve

TORINO - Perdersi per ritrovarsi. E no, non è retorica, ma la tiepida e condivisa speranza che ogni giocatore della Juventus serba nel cuore dopo il pari di Firenze. L’ennesimo di una stagione sincopata, contraddittoria e mai davvero cominciata. Almeno, non nel modo in cui sperava la dirigenza bianconera, dopo il caos delle precedenti gestioni tecniche. Spalletti è stato chiamato per rimettere ordine - anche se ci ha tenuto più volte a sottolineare che i suoi ragazzi sono ‘ordinatissimi’ -, per ridare un’identità calcistica a un gruppo sfilacciato. Non tanto in termini di rapporti interpersonali, quanto più nel modo in cui i vari interpreti coesistono all’interno del campo. Sono anni ormai che alla Juventus il gioco di squadra ha lasciato spazio alle intuizioni dei singoli. I vari cambi in panchina non hanno portato allo sviluppo di trame offensive - e non - codificate. L’impressione è di ritrovarsi ogni anno di fronte al medesimo scenario. Una squadra nevrotica, ingenua, in costante balia degli episodi e mai davvero padrona del proprio destino. La gara con la Fiorentina fa scuola in questo senso: la Juve ha trascorso gran parte del primo tempo nella metà campo avversaria per poi trovare il gol del vantaggio allo scadere.

Juve, parla Spalletti: "Al momento siamo sotto il livello"

Anche qui, grazie al guizzo di un singolo, Filip Kostic. Il modo migliore per approcciare l’intervallo con tranquillità, e confrontarsi sugli accorgimenti da porre in essere per indirizzare la gara dalla propria parte. Invece riecco la solita ingenuità nella gestione dei momenti clou della gara, con la Viola che - tre minuti dopo il rientro in campo - ha trovato subito il pari. Da lì il nulla. E non ha alcun senso arrampicarsi sugli episodi arbitrali - il rigore su Vlahovic c’era, per carità -, se nel corso della gara non sei mai riuscito a renderti davvero pericoloso. Come ha ammesso, del resto, lo stesso Spalletti al termine della partita: «Al momento siamo sotto il livello di calcio che dobbiamo esibire: è inutile andare ad acchiappare gli episodi… Se non si alza il livello faremo sempre questi risultati. Penso di poter riuscire a far dare di più ai miei giocatori. Il fatto di averli visti così dispiaciuti nello spogliatoio mi fa ben sperare». Nella pancia del Franchi, i bianconeri sono rimasti a lungo in silenzio. Non ci sono stati discorsi motivazionali né da parte del tecnico né da parte dei senatori.

Il confronto sul sintetico di Vinovo

È bastato guardarsi negli occhi per capire che quel pari ha assunto i connotati della nuova frontiera bianconera. Che la Juve è arrivata lì dove una stagione o cambia direzione o si spegne. Punto. I confronti di ieri - sul sintetico di Vinovo, dove la Juve si è allenata per prendere dimestichezza con la superficie in vista della trasferta di Bodo - hanno poi fugato ogni dubbio: tutti e proprio tutti convengono sul fatto che di questo passo conquistare il quarto posto sia impossibile. E tutti, allo stesso modo, sembrano essersi assunti la propria fetta di colpa, promettendosi a vicenda di essere pronti a sacrificare tutto pur di invertire il trend alla svelta. Spalletti ha apprezzato, ben conscio che senza questi attributi non vi è modulo o sistema di gioco che possa tirar fuori i bianconeri dal limbo della mediocrità. La qualificazione in Champions è molto più di un traguardo stagionale. Un imperativo che non ammette deroghe. Specie al netto del recente aumento di capitale che - senza i 50 milioni garantiti alla Juve per la sola partecipazione - verrebbe vanificato del tutto.

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