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Juve, l’ultima in Norvegia e la neve: dal disastro di Poznan al Galatasaray e il ricordo di Marocchi

Il "campo di patate" di Istanbul

Quando la Juventus ha subito la sconfitta di Istanbul in molti erano degli adolescenti, ora forse sono padri di famiglia. Ma il ricordo è rimasto intatto. Era il 10 dicembre del 2013 e nonostante la neve, le due squadre hanno provato a giocare. Una forzatura durata soli 31 minuti, con il match rinviato al giorno successivo. Drogba aveva liquidato la questione con un semplice: “È la stessa cosa per entrambe le squadre” . Ma non è stato affatto così. Perché, al di là delle condizioni atmosferiche proibitive e dei dubbi sul funzionamento delle serpentine sotto il campo, restava ancora qualcosa da chiarire.

Martedì sera la scena è stata surreale: partita sospesa, squadre in attesa, arbitri nel tunnel pronti a decidere il da farsi. Intanto, sul terreno di gioco, è accaduto l’imprevisto. Gli addetti alla manutenzione hanno pulito in modo impeccabile l’area di sinistra, quella in cui, in caso di ripresa, avrebbe attaccato il Galatasaray, mentre sulla destra si sono limitati a iberare appena le linee. Una differenza evidente, che poi si rivelerà inutile… ma solo per qualche ora. Perché mercoledì, al momento della ripartenza, è successo perfino di peggio. Nella metà campo destra la neve è stata rimossa delicatamente, soffiata via con cura. Dall’altra parte, invece, trattori e pale hanno scavato solchi profondi, rendendo il terreno irregolare e pesante. E guarda caso è esattamente la zona dove il Galatasaray attaccherà nei rimanenti 15 minuti del primo tempo… e dove la Juve dovrà giocare per oltre 45 minuti nella ripresa. Un equilibrio apparente, insomma, che di uguale non aveva proprio nulla. E il gol di Sneijder all'85' ha causato poi la retrocessione della Vecchia Signora in Europa League.

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