Qualche anno fa, nella prima Juve di Allegri, un numero 10 salì nell’Olimpo dei grandi giocando una partita stellare in Champions. Paulo Dybala segnò una doppietta contro il Barcellona e dette spettacolo. Ieri un altro 10, per ora in tono minore (per ora...), in un’altra gara di Champions, non contro il Barcellona ma comunque in una serata molto complicata per la sua squadra, è entrato in campo, ha preso per le orecchie quella squadra e l’ha trascinata al di là di tutti i limiti ampiamente mostrati in questa stagione. Kenan Yildiz ha fatto il fenomeno. E’ presto per il paragone con Dybala, ma la strada è quella. Juve sotto di un gol, il turco è entrato e ha rovesciato la partita. Due a uno per la Juve. Poi, siccome certi difetti prima di essere limati ce ne vuole, si è fatta riprendere su rigore a pochi minuti dalla fine. Pochi, ma sufficienti perché ancora lui, il giovane Yildiz, riuscisse a riportarla davanti con un’azione fantastica chiusa dalla rete di David.
Da una parte un fenomeno, dall’altra una squadra mica normale. Per 45' la Juve è stata camomilla, per altri 30' è diventata nitroglicerina, poi è tornata sciocca e alla fine di nuovo prepotente. La Juventus aveva una sola arma per mettere in seria difficoltà il Bodø, spostare la partita sul piano tecnico. Era questo che pensavamo prima del fischio d’inizio. C’era da immaginare che, come era capitato alla Lazio nella stagione scorsa, la dirompente energia dei norvegesi avrebbe creato problemi alla Juve. Per questo la gara poteva essere riequilibrata dai bianconeri sul lato della tecnica. Ben presto ci siamo ricreduti. Palla al piede la Juve ha sbagliato quanto non poteva e soprattutto non doveva sbagliare. Miretti, Openda, Adzic, ma anche Cambiaso, anche McKennie, hanno infilato un errore dietro l’altro. Il campo artificiale stava probabilmente condizionando il palleggio di alcuni bianconeri, ma allora c’era da chiedersi perché invece Conceicao riuscisse a trattare il pallone come gli riesce anche sull’erba. E’ piccolo, ha meno difficoltà a mantenersi in equilibrio anche sul sintetico, prò nemmeno Openda, nemmeno Miretti sono giganti.
Uno a zero per il Bodø alla fine del primo tempo, la Champions andata. Invece, ecco la tecnica, anzi, la classe, sotto forma di una maglia scintillante, la maglia col numero 10 di Kenan Yildiz. Era stato un fantasma sabato scorso a Firenze, stavolta si è riappropriato di tutta la sua straordinaria qualità. E insieme al turco, ecco finalmente la Juve. D’improvviso tutto ha preso a funzionare. Non c’erano più errori in costruzione, la timidezza di Koopmeiners è diventata intraprendenza, la vaghezza di Openda si è trasformata in freddezza (gol in mischia), gli errori di Miretti sono scomparsi e al loro posto solo pennellate (assist per il gol di McKennie). Era cambiata nei piedi, nelle gambe, ma soprattutto nella testa. Era aggressiva e arrembante, trascinata da quel 10 che infiammava nel gelo norvegese. Yildiz è entrato in tutt’e quattro i gol bianconeri, anche quello annullato per un fuorigioco di millimetri di Openda. E quella è stata l’azione in cui si è visto Spalletti: scappar via dal pressing è il suo pezzo forte.
I cavalli che avevano dentro (parole spallettiane) sono usciti dalla stalla e hanno invaso il campo del Bodø. Non hanno trovato l’erba, ma si sono messi a correre lo stesso. Per Lucio non può essere la rivincita di Oslo, quella sera non la dimenticherà mai, però ora sa che cosa può dare questa sua nuova squadra. Se la Juve ci crede come ci crede il suo allenatore, Bodø può diventare la vera ripartenza.
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