L'ex giocatore dei bianconeri parla della Juve di oggi e di quella che fu
**Zibì Boniek, ex giocatore di Juventus e Roma**, è uno dei protagonisti del documentario di Angelo Bozzolini sul decennio d’oro della Juve, dal 1975 al 1985, in anteprima al Festival di Torino. _Corriere.it_ lo ha intervistato.
**Nostalgia?**
"Ho 69 anni anche se me ne sento 45, ho visto il documentario e non posso più riabbracciare Paolo Rossi. Una volta nello spogliatoio si parlava un’unica lingua, quella italiana. E c’era più amicizia tra i giocatori, perché c’era meno rivalità: si era in 11 titolari, 4 riserve e tre della Primavera".
**Come fu il suo arrivo a Torino?**
"Venivo dalla Polonia dove ero già un calciatore affermato, ma la Juve era una delle più forti squadre del mondo. Ricordo una nostra partita in Polonia, contro il Lechia Danzica. Lech Walesa sugli spalti, lo stadio gridava libertà, dagli altoparlanti misero Felicità di Al Bano per calmare gli animi".
**La Juve ha lo stadio nuovo ma si è «normalizzata».**
"Era piena di campioni veri che hanno fatto la storia del calcio, Vialli, Baggio. Ora vedo buoni giocatori. La nostra Juve era diversa, Boniperti chiamava mia moglie: tutto bene, signora? Dica a suo marito che deve tagliarsi i capelli. Oggi è come le altre squadre. Una volta qualsiasi società che voleva vendere un giocatore chiamava la Juve. Quando vinse uno scudetto, Andrea Agnelli scese in campo e parlò ai tifosi davanti a tre microfoni, l’Avvocato si sarà rigirato nella tomba. Non è un gesto sbagliato in sé, solo che lo fanno tutti. Ma non voglio parlare male di nessuno".