Ci sono una decina di errori madornali che la Juve può commettere nei prossimi sei mesi. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta tra le scelte imbarazzanti. Tuttavia, non rinnovare il contratto a Yildiz, blindandolo a Torino e costruendo una squadra intorno a lui (e degna di lui), resta la più devastante con un distacco incolmabile rispetto a tutte le altre possibili fesserie sul tavolo del futuro bianconero. Non dovevamo scoprirlo un freddo pomeriggio di fine novembre, contro un Cagliari combattivo ma non irresistibile, ma i due gol di ieri sono fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione, roba da genio, insomma. Ma non è una notizia che Yildiz sia un fuoriclasse, l’unico di altissimo livello nella rosa della Juve, una carezza del destino in anni ruvidi e di acquisti grami. Yildiz non va sprecato, è l’inizio della fine dell’anticiclo bianconero, l’appiglio con il quale la Juve può issarsi al di là delle stagioni balorde. Sì, poi è giusto che si tratti in modo corretto, che non ci siano ricatti (e neanche furbate) e, no, non c’è fretta, quindi calma, ma la Juve oggi non può permettersi di chiudere la porta sul futuro che il talento di Yildiz ha spalancato. Chiariamo: non risulta che Comolli e Chiellini la pensino diversamente, ma - di questi tempi - non si sa mai. E lo stesso Spalletti dà l’impressione di considerare Yildiz la pietra sulla quale fondare la sua Juve e lo sta esaltando, liberandone il talento e portandolo un po’ più in mezzo (come ieri), per farne un vero dieci.
Yildiz e la cura Spalletti
La cura Spalletti, uno che ha stappato la carriera a parecchi trequartisti nella sua vita da allenatore. Ma la cura Spalletti dà anche altri frutti. Per ragioni di tempo e circostanze è una cura omeopatica, cambia la Juve una goccia per volta, ma la cambia. Ieri non è stata una partita luccicante, quella giocata dai bianconeri, ma si è visto qualcosa, si è assistito a lunghi tratti di gara nei quali la Juve è sembrata più fiduciosa, più cazzuta, perfino più organizzata nello sviluppare la fase offensiva. Pochi segnali, percettibili a intermittenza, ma sarebbe ingiusto non coglierli e non misurare i passettini avanti spinti da Spalletti, dalle sue idee e dalla volontà di creare una Juve più offensiva. Per carità, a fronte di piccole novità positive ci sono vecchie (e brutte) abitudini che continuano a emergere. Per esempio: la Juventus ha sbagliato decine di gol uguali a quello che ha sbagliato Conceiçao solo davanti al portiere (perché questa bizzarra tendenza a segnare i gol difficili e buttare via quelli facili?).
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