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"Conte grande cagac..., ma ogni parola era un pugno. Spalletti, metti Yildiz alla Totti! Napoli o Juve? Tifo..."

Daniel Fonseca viveva per il gol. Oggi assapora la vita: al caldo di Rio de Janeiro, ma soprattutto al seguito di un suo assistito. Accompagna ogni passo di Giorgian De Arrascaeta, uruguaiano come lui. Ha appena vinto - insieme a Danilo e Alex Sandro - la Copa Libertadores e il Brasileirao col Flamengo. Ha un rapporto stretto con De Arrascaeta, a tal punto da tatuarsi la sua gigantografia sul braccio sinistro. Fonseca confessa: «Qui in Brasile mi associano solo a lui, che dal 2019 al Flamengo ha vinto tutto. Non si ricordano di me in Italia o in Nazionale, ma va bene così: mi godo i successi di Giorgian, ormai siamo insieme da una vita». Ma quando il telefono di Fonseca (professione procuratore) squilla, l’Italia gli suscita subito bellissimi ricordi. In particolare alla vigilia di Napoli-Juve. Daniel Fonseca, che cosa significa per lei Napoli-Juve? «Sono due squadre che mi fanno subito riaffiorare bellissimi ricordi. Mi sono fatto conoscere in Europa proprio con le big in Italia. E poi ho avuto due allenatori fenomenali come Ranieri e Lippi, importantissimi per il mio modo di giocare. La Juve era una potenza quando arrivai, era la più forte d’Europa insieme al Manchester United. Ma quando penso all’Italia non mi dimentico della Roma: pregammo Carletto Mazzone di lanciare Francesco Totti, in allenamento non ho mai più visto nessuno che a 16 anni avesse i suoi colpi. Nessuno».

La sfida Spalletti-Conte. E Yildiz...

Mai come in questa stagione è la sfida tra due allenatori ad infiammare l’ambiente: Antonio Conte contro Luciano Spalletti, è il primo precedente in Serie A. Qual è il tipo di calcio che la convince maggiormente? «Spalletti può farti vincere lo scudetto, a Napoli ha già fatto grandi cose. Quando vinci gli avversari ti guardano con occhi diversi, riesci ad incutere tanto timore. Ma Conte è un grandissimo, un allenatore che tutto il mondo invidia al Napoli». Tra l’altro, lei è stato compagno di squadra di Conte alla Juve. «Era una macchina da guerra, un grandissimo “cagac...” quando c’era allenamento. Era semplicemente un esempio. Non diceva mai stupidaggini, ogni parola era un pugno sullo stomaco. Ho capito perché è diventato un grandissimo allenatore: aveva un carisma da trascinatore già in campo». Suo figlio Matias, invece, ha incrociato Conte all’Inter. «Ha fatto due panchine in Serie A, diceva che era un martello. Sapeva parlare anche ai ragazzi della Primavera, facendo sentire tutti importantissimi». Quella del Maradona può diventare la notte di Kenan Yildiz. Lo utilizzerebbe da punta centrale, in assenza di Vlahovic? «Ma certo, uno coi suoi colpi può giocare in qualsiasi ruolo davanti. Spalletti l’ha già fatto con Totti, non gli manca certo il coraggio per riprovarci con Yildiz, che è giovanissimo».

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