(di Guido Vaciago) Quella squadra era l’ultima evoluzione di un decennio clamoroso, l’apice di un progetto tecnico elaborato da Giampiero Boniperti e Giovanni Trapattoni, con la preziosa rifinitura di Gianni Agnelli. È la primavera del 1976 quando Boniperti decide di dare fiducia al giovanissimo Trap. Gli mette in mano una squadra che ha iniziato a costruire qualche anno prima, mettendo insieme i giovani italiani più interessanti (Scirea, Tardelli, Cabrini) mischiandoli con qualche vecchio guerriero (Furino, Boninsegna e Benetti). Da lì in poi ha iniziato a vincere per dieci anni. Vincere letteralmente tutto, operando cambiamenti di anno in anno con un’idea fissa in testa.
La chiave del progetto è avere un gruppo unito, compatto, agonisticamente cattivo, con la consapevolezza di cosa significhi giocare nella Juventus. È come se la squadra venisse concepita sul mercato con tre strati in mente: quello umano, per Boniperti e Trapattoni, è sempre il più importante, è quello che tiene insieme tutto; poi c’è quello tecnico, che i due non trascurano mai; infine quello tattico, che si evolve nel corso del decennio, aggiungendo pedine con caratteristiche sempre più consone all’idea di squadra europea. Dal 1976 al 1985, la Juve vince sei scudetti, due Coppe Italia, la Coppa Uefa, la Coppa delle Coppe, la Supercoppa Europea, la Coppa Intercontinentale, diventando il primo club del mondo a vincere tutte le competizioni internazionali esistenti allora.
Nella squadra di Tokyo sono rimasti Scirea e Cabrini di quella del 1976, ma in ogni posizione c’è un giocatore perfetto in tutti e tre gli aspetti considerato da Boniperti e Trapattoni: umano, tecnico e tattico. Tacconi è un portiere modernissimo, Favero e Cabrini terzini bilanciatissimi, Scirea e Brio un muro affiatato nel quale si inserisce all’occorrenza Bonini, che oggi verrebbe definito un box-to-box e varrebbe 70 milioni; poi la grande qualità: Manfredonia, Mauro, Serena, Laudrup e Platini (e in panchina Pioli e Briaschi). È la squadra perfetta. È il capolavoro di Boniperti e Trapattoni e segna anche la fine del ciclo decennale (perché ogni ciclo finisce e dopo sono sempre anni grigi, come lo furono quelli dal 1986 al 1995) ed è la squadra che dimostra come per costruire dieci anni di vittorie servono pazienza, coerenza e non solo la capacità di scegliere i giocatori giusti, ma soprattutto gli uomini giusti.
© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus