L’unica via d’uscita, per la Juve, è fare squadra. Prima in campo, poi in sede e, inifine, possibilmente, creando un’unica squadra tra campo e sede. Non c’è altra strada che quella di unire le forze, a ogni livello, per rattoppare le tante troppe mancanze. Spalletti, per esempio, va aiutato. Gli ultimi allenatori della Juventus sono stati, a un certo punto, abbandonati al loro destino con la consguente deriva della squadra. La dirigenza, a partire da Comolli, dovrebbe quindi stringersi intorno al tecnico, tracciare una linea condivisa e seguirla. Dalla comunicazione, che è sempre più importante nel calcio di oggi, alle scelte tecniche, società e allenatore devono risultare monolitici agli occhi dello spogliatoio e dell’esterno. È sempre stato così nelle Juventus vincenti, ma più in generale in qualsiasi top club.
La costante nei cicli vincenti
E se è vero che nessun allenatore bianconero ha mai veramente “deciso” il calciomercato, tutti i cicli vincenti dell’ultimo mezzo secolo (da Trapattoni ad Allegri, passando per Lippi, Capello e Conte) hanno visto gli allenatori partecipare alle riunioni di mercato, anche solo per evidenziare le loro esigenze e quelle che, dal loro punto di vista, sono le urgenze. Un allenatore forte per la vicinanza della società rinforza anche la società stessa. E la società è forte solo se è la somma del contributo di tutte le sue componenti: ognuno con un suo compito, nessuno che invade il campo dell’altro, tutti che collaborano portando la loro abilità e la loro conoscenza. Nei club che funzionano è sempre così, perché sono aziende troppo grandi e complesse per essere dirette da una sola persona. Per esempio, la Juventus, in questo momento, è senza direttore sportivo: è, evidentemente, una ricerca complessa e tormentata, visto che è iniziata verso la fine dell’estate e si sta protraendo alle porte dell’inverno. Non è una figura secondaria, quella del ds, anche a livello di gestione della squadra, non solo del mercato. È, infatti, l’indispensabile pontiere tra la squadra e la dirigenza (a proposito di unità).
Manca il leader
La compattezza all’interno della dirigenza e fra dirigenza e allenatore è sempre di grande esempio per la squadra che, psicologicamente parlando, è spesso lo specchio di quanto percepisce nell’ambiente (a partire dalla dirigenza). La Juventus, in questo momento, non dà l’idea di essere una squadra estremamente compatta. Vero, non si percepiscono profonde spaccature, ma i giocatori bianconeri non danno neanche l’impressione di essere un gruppo indivisibile, in grado di compattarsi di fronte alle difficoltà. Anzi, l’approccio moscio a certe partite denuncia proprio una mancanza di leadership all’interno della squadra e quindi una tendenza a deprimersi troppo dopo una sconfitta o sentirsi troppo sicuri dopo una vittoria. L’essere emotivamente dipendenti dai risultati è un ulteriore indizio della fragilità caratteriale di questa squadra. A maggior ragione, se la Juventus, quella che scende in campo, vuole evitare un disastro stagione, lo spogliatoio deve cementare un’unità di intenti finora vista solo a sprazzi.
© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus