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Il Pafos avvisa la Juve, Goldar: “Umili ma ambiziosi, a Torino vedrete una squadra vera”

Dopo un'interminabile gavetta che lo ha portato a incrociare anche Luis Enrique al Celta, club in cui si è formato, David Goldar si è trasferito a Cipro, diventando il capitano della favola Pafos, la più clamorosa sorpresa di questa edizione di Champions League. Catapultato, nell’estate 2023, nel bel mezzo del Mar Mediterraneo, in poco più di due anni, ha vinto Coppa e campionato, si è guadagnato la fascia e ha guidato un club nato soltanto nel 2014 fino alla League Phase della massima competizione europea. Stasera, dopo un'eccellente prima parte del torneo, il centrale gallego e compagni sono attesi allo Juventus Stadium: "Un'avversaria proibitiva", si mormorava sui bianconeri, il giorno del sorteggio, all'ombra dello Stelios Kyriakidis. E, invece, superato da poco il giro di boa del maxi girone, ciprioti e piemontesi hanno gli stessi punti in classifica e sensazioni diametralmente opposte.

Il sogno continua. "La crescita del club negli ultimi anni è stata esponenziale. Da conquistare il primo titolo e vincere il primo campionato a giocare in Europa: prima, in Conference League, facendo un ottimo percorso, ora, in Champions".

Per arrivare alla League Phase avete eliminato squadre con grande tradizione come Maccabi, Dinamo Kiev e Stella Rossa: quando avete capito che questo gruppo poteva davvero andare oltre ogni pronostico? "Non c’è un momento preciso, ma la consapevolezza che ogni partita e ogni vittoria ci dia più fiducia in vista del prossimo obiettivo. Chi è venuto qui, sapeva cosa sarebbe venuto a fare al Pafos".

Insomma, rifiutate l'etichetta di "sorpresa". "Assolutamente sì. Anche se sono cosciente che siamo considerati la sorpresa della competizione, so anche che lavoriamo duramente per essere competitivi. Ed è questo che ci ha permesso di superare quelle tre eliminatorie e poter essere in Champions".

(ansa)

Arrivate alla sfida con la Juventus con gli stessi punti, un percorso praticamente identico e una classifica che nessuno avrebbe previsto. A questo punto, l'obiettivo è provare a vincere? "Conosciamo l’importanza e la forza dell’avversario che ci troveremo di fronte. È una partita segnata in rosso nel nostro calendario da molto tempo e fissata anche nelle nostre menti. Dovremo essere umili e consapevoli delle difficoltà che ci aspettano, ma allo stesso tempo ambiziosi, lottando su tutti i palloni, rimanendo nel match per 90 minuti e provando a sfruttare le opportunità che avremo".

Sotto un aspetto partite sicuramente in vantaggio: voi siete già una squadra, la Juve ancora no. "Ogni giocatore ha una carriera, una cultura e un'esperienza diverse alle proprie spalle. Ma questo non ci ha mai impedito di guardarci negli occhi e, per 90 minuti, di 'morire' per chi è al nostro fianco. Credo che sia un onore poter giocare negli stadi in cui hanno giocato e si sono formati calciatori storici ed emblematici. Per quanto ci riguarda, però, andremo a Torino per giocarcela e lo faremo con l’irriverenza propria dei debuttanti appena arrivati in questa competizione".

Avete già individuato i punti deboli della Juve? "In linea generale, quando prepariamo una partita - a prescindere dall'avversario, come abbiamo fatto anche prima del Bayern - ci concentriamo soprattutto su cosa dobbiamo fare noi. A Torino, avremo bisogno di una difesa molto solida, cercheremo di non dargli continuità perché i loro giocatori sono molto dinamici e abili. Dovremo cercare di rompere la loro ragnatela di passaggi e non farci sorprendere da palloni in velocità. In fase difensiva, la nostra è una squadra molto scomoda per i rivali: pressione "uno contro uno" per tutto il campo, anche a costo di inseguire il nostro uomo per tutta l’azione. E lo faremo anche contro la Juve".

Resistere, resistere, resistere. "Loro davanti hanno attaccanti davvero abili che dobbiamo tenere sotto controllo, è vero. Ma anche noi, in attacco, abbiamo calciatori molto potenti e veloci. Cercheremo di associarci con l’intenzione di attaccare alle spalle, in velocità o di andare sulle fasce e fare male, sfruttando i nostri giocatori più rapidi".

La Juve non sta attraversando il suo miglior momento… "Non mi fido neanche un po’ di cosa dice la gente o raccontano i risultati. Non mi fido perché questo tipo di avversari, con giocatori di così tanta qualità, possono risorgere in qualsiasi momento. Sottovalutare un rivale di questa categoria non è mai positivo e non va mai bene. Personalmente, non commetterò questo errore".

L'allenatore del Pafos Juan Carlos Carcedo parla con i giocatori

L'allenatore del Pafos Juan Carlos Carcedo parla con i giocatori (ansa)

Da difensore centrale, dopo essersi misurato con Harry Kane, si ritroverà di fronte Kenan Yildiz. "Credo che sia uno dei giocatori più abili del panorama internazionale, soprattutto nell’uno contro uno, molto difficile da contenere. Ha la freschezza e la gioventù di chi vuole sempre migliorare. Mi piace il suo atteggiamento ma, per quanto mi riguarda, metterò tutta la mia esperienza e qualità in campo per provare a arginarlo".

Quanto vi sta aiutando, in Europa, l’esperienza internazionale di David Luiz? "A livello individuale, anche uno come lui, poco può fare perché ogni giocatore è padrone della propria partita. Di certo, ha portato la sua esperienza accumulata negli anni e sono sicuro che è di aiuto a molti, soprattutto ai più giovani, con i suoi consigli. Che poi è quello che proviamo a fare tutti i calciatori più esperti della rosa".

Da capitano, come vive la gestione del gruppo al suo fianco: lo considera una figura ingombrante o un aiuto prezioso? "Un aiuto prezioso. Come capitano, conto sempre su di lui chiedendogli consigli sulle decisioni da prendere. Poi, sono io a prenderle, ma avere qualcuno con cui confrontarsi è importante e David è sempre disponibile".

David Luiz

David Luiz (reuters)

Al Celta ha incrociato Luis Enrique, diventato poi uno dei tecnici più affermati al mondo, dopo i due Triplete conquistati con il Barça e il PSG. Quali dei suoi insegnamenti porta ancora con sé? "È stato uno degli allenatori che più mi ha segnato, anche se sono consapevole che il mio giudizio sia influenzato dal fatto che sia stato lui a farmi esordire in Liga. Una personalità travolgente, con le idee chiare, trasmette sicurezza. Per chi è giovane e non ha ancora punti di riferimento è determinante: come persona, leader, modello da seguire, da cui imparare costantemente. E anche a livello sportivo, la chiarezza e la semplicità con cui trasmetteva il suo messaggio era sorprendente: poche pennellate e riusciva a decidere una partita. Riunisce la professionalità di un ottimo allenatore con i valori di una brava persona".

Si sente di affermare che la partecipazione del Pafos alla Champions League di quest'anno non sia un punto d'arrivo, bensì di partenza? "Assolutamente sì. La connessione tra il club e la gente è eccellente e, personalmente, mi impegnerò al massimo per fare in modo che questo sia un punto di partenza".

Anche perché, la verità è che la Champions, a Pafos, non è ancora arrivata, considerato che la normativa Uefa vi costringe a giocare a Limassol, a 100 chilometri dal vostro stadio. "Sono un romantico e, per questo, quello della distanza in chilometri non è l'aspetto più doloroso. Credo che questi momenti storici, infatti, si debbano vivere in un luogo concreto, a casa propria, e che sia necessario creare un habitat al quale appartenere. Dare una storia alla propria città, dare peso al tuo stadio, affinché un domani le tribune possano raccontare ciò che è accaduto lì. Credo che gli stadi abbiano un’anima, una storia, siano esseri viventi che appartengano alla gente. Alla gente della città. Perché uno stadio, per quanto sia proprietà privata, apparterrà sempre a chi gli ha dato vita. E questo è un qualcosa che ci stiamo perdendo ed è un peccato. Sono sicuro, però, che troveremo presto una soluzione e riusciremo a costruire quella che sarà, per molti anni, la nostra casa. Anche in Europa".

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