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Tutti i nodi di Spalletti: il tecnico ha in mente un’altra Juve, ma ci sono due grossi problemi

TORINO - Toccare poco per non confondere e non alimentare incertezze. Si va avanti così, nel segno della prudenza. Spalletti, ereditando il timone da Tudor, non ha stravolto e non ha rivoluzionato. Ingresso soft. I tempi non sembrano maturi per una svolta, come pure gli chiedevano nel salotto di Sky Sport mercoledì sera, perché sta ancora pedalando in salita. "Mi fido dei giocatori e di me stesso, altrimenti non sarei arrivato ad allenare la Juve" la replica più significativa dentro la notte dello Stadium. Non molla, non si arrende, è convinto di poterne uscire e di trovare una via, restituendo luce alla Signora, anche se le difficoltà non diminuiscono, anzi il contrario. Così aveva promesso a Comolli, Chiellini e Modesto. Non ha cambiato idea. Tra fischi e sospiri, giocando male, ha vinto con i ciprioti del Pafos, udite udite, e ha raddrizzato la classifica Champions, ma lo Stadium rumoreggiava. Il punto più basso, dopo un mese e mezzo di lavoro, a poche ore di distanza dal ko bruciante del Maradona. Perché a Torino tutti sono abituati a primeggiare, vivono nel passato e la proiezione distorce le aspettative, non solo i giudizi, caricando di pressione giocatori impauriti.

Le carenze della Juventus

Altro che scudetto. Sarà dura persino confermare il quarto posto. Nessuno ha il coraggio di riconoscerlo. La Juve non è più la Juve, deve ricostruire da zero e stabilizzare, dando vita a un progetto mai nato. Ha bruciato Thiago Motta e Tudor. Ha preso un allenatore top come Spalletti, ma dalla panchina non ha mai segnato nessun allenatore. Servirebbero i giocatori e non si può più spendere come una volta. Organico inadeguato e assortito male, con alcuni vuoti creati in estate cedendo giocatori (Savona, Weah, Nico Gonzalez) che avrebbero ancora fatto comodo senza essere star conclamate. In qualsiasi modo si voglia disegnare la squadra, manca qualcosa. Ora si è anche fatto male Vlahovic, togliendo l’unico vero leader emotivo e il riferimento offensivo su cui Spalletti aveva cominciato a costruire la sua Juve (la palla verticale di Locatelli, le sponde per gli ingressi di Yildiz e Conceiçao). Una botta pesantissima. Si è creata una voragine al limite dell’area.

Modulo e solizioni tattiche

A volte è meglio pareggiare le partite, o vincerle giocando male, piuttosto che perderle. Ecco perché il tecnico di Certaldo, in corsa, non ha cambiato modulo. Istinto di conservazione. Necessità di proteggere la difesa. È prigioniero degli equivoci, di una rosa imperfetta. La Juve è in larga parte costruita per il 3-4-2-1, ma Tudor giocava con Kalulu sulla fascia destra e Kostic si trova a fine corsa. Bremer è ancora distante dal rientro, si è operato Gatti e allora Lucio, senza un centrale di piede destro, ha congelato l’idea di passare alla difesa a quattro, che pure sta provando alla Continassa. Così dovrebbero giocare Kelly (un mancino) sul centro-destra e Koopmeiners (un centrocampista) in mezzo, Kalulu a destra ci può stare, ma il terzino sinistro sarebbe Cambiaso? La tentazione del 4-2-3-1 difficilmente prenderà corpo a breve. Se ne parlerà verso fine dicembre, di sicuro non a Bologna.

Il mercato

Spalletti ha portato dietro Koopmeiners per migliorare la costruzione. Mancano i doppioni per svoltare e dare un’identità precisa alla Juve. Prendete l’ipotesi del 4-3-3. Locatelli sarebbe l’unico vertice basso. Il play ideale di Lucio era Pizarro, in Nazionale aveva lanciato Ricci e si era invaghito di Fagioli, un altro talento ceduto dagli ex dirigenti bianconeri. Oggi Spalletti preferisce il doppio mediano, Thuram tornerà presto in orbita, Miretti può aggiungere creatività, Adzic deve crescere. Servirebbero tempo, entusiasmo e il calore di uno stadio che non vince lo scudetto da cinque anni e non accetta di essere fuori dal giro. La Juve è prigioniera dei conti e di un piano industriale votato al risparmio. Comolli, presentando l’ex ct dell’Italia, era stato chiarissimo. Non sono previsti interventi a gennaio. Molto difficilmente la società tornerà sul mercato. Non c’è altra strada.

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