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Proteste, fischi e silenzio: cosa è successo allo Stadium per Juve-Pafos e la risposta di Spalletti

TORINO - È il trentanovesimo del primo tempo, circa, quando la curva sud dell’Allianz Stadium torna a prendere parola, durante Juventus-Pafos. Il momento non è scelto a caso e, solitamente, è quello dei cori dedicati alle vittime della strage dell’Heysel: una consuetudine per tenere viva la memoria anche oltre le ricorrenze e le date segnate in rosso sul calendario. È il trentanovesimo e solo in quel momento si spezza il silenzio del tifo organizzato bianconero, i megafoni spiegano – a chi magari fosse sfuggito e non conoscesse la storia -, perché è importante farsi sentire: "Per rispetto di uno di noi che non c’è più, ci deve sentire da lassù". Il rispettoso silenzio lascia spazio ad un boato, ad una serie di cori, è il miglior saluto per chi in quei boati è vissuto: "Hai lottato con coraggio e con decoro – recita uno striscione esposto fuori dallo stadio, prima della partita -. Gli ultras rendono omaggio al tuo eterno riposo. Ciao Damiano". Ecco, quindi, come si spiega il silenzio che accompagna la quasi totalità del primo tempo del match di Champions League. È principalmente dagli altri settori dell’impianto che, sempre nei primi 45’, la pazienza si interrompe bruscamente all’ennesimo errore tecnico, nel momento in cui il Pafos sembra la corazzata arrivata a Torino per fare la partita e questo si traduce nei fischi assordanti che mettono ulteriore peso a gambe già tremolanti in campo.

Juve, Spalletti e i fischi dello Stadium

Il tema lo ha affrontato lo stesso Luciano Spalletti in conferenza: "I fischi? Non vorrei pensare che si è condizionati fino a tal punto dal comportamento dei tifosi, che però se stanno con noi ci danno una mano. Quando sono al nostro fianco ci sentiamo più forti. Se ci danno una mano ce la prendiamo volentieri, lo stadio era pieno e ringrazio per il sostegno". Sì, il sostegno. Perché nella ripresa il tifo segue il ritmo del match e il match segue il ritmo del tifo. La curva si accende e accoglie il ritorno della Juve in campo con un potente: “Vogliamo 11 leoni”. Da lì c’è spazio solo per il tifo, quello che aiuta la squadra a dissipare la nebbia, a togliere un po’ di paura e ansia e che serve come propellente per schiacciare i ciprioti e ricordarsi di essere la squadra da battere, quella che dovrebbe imporre sul terreno di gioco le proprie intenzioni. Il tema è dirimente perché un gruppo così fragile come quello bianconero – aspetto che più volte lo stesso Spalletti ha sottolineato -, avrebbe bisogno come l’ossigeno di un catino bollente dentro il quale immergersi, trovare conforto ed energie e, magari, una maggior fiducia e consapevolezza. L’applauso e il coro a far dimenticare l’errore, invece del fischio che lo sottolinea.

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